Certo, il tempo trascorso dalla costituzione dell’Osservatorio è brevissimo e per di più inusualmente costellato di significative novità di legge sui temi sui quali ci affatichiamo: i decreti delegati Cartabia, con il carico di polemiche e commenti che si portano dietro, i test psicoattitudinali e, da ultimo, il DDL costituzionale sulla Separazione, che ha imposto ovviamente un addendum in corsa. Per tutto questo, v’è da domandare al lettore indulgenza per le imprecisioni o la sbrigatività delle osservazioni che seguono.

Proveremo a far meglio più avanti.

Nondimeno, questi primi mesi hanno già messo in luce con chiarezza un paio di cose.

Intanto che la regolamentazione del funzionamento della magistratura italiana, in tutti i profili in cui si declina, meriterebbe una robusta opera di semplificazione, tanto è incrostata di multiformi disposizioni regolamentari adottate dal CSM che rischiano, talvolta, di annichilire persino le norme di legge.

Ma pure, più in generale, che proprio quella regolamentazione partecipa della sostanza e del funzionamento del processo penale non meno delle regole di procedura che ne compongono il codice. È all’incrocio di tutti questi fattori normativi, insomma, che si colloca l’efficacia dello strumento processuale che usiamo per accertare la responsabilità: non è affatto poca roba.

E vien fuori proprio per questa via quel pathos che si nascondeva di primo acchito e che abbiamo provato a far germogliare subito, anche grazie al supporto sicuro e solido del nostro amico Pasquale Annicchiarico.

Buona lettura.

Giuseppe Belcastro