L’avvocato, il Politico, lo Scrittore.
Gerardo Brundy
a cura di Domenico Russo
Gerardo Brundy[1], avvocato, fu uno dei primi esponenti socialisti in Calabria, che al fine di propagandare le idee che professava, utilizzò anche il campo letterario.
Nato a Placanica il 16 settembre 1850, grazie all’agiatezza della famiglia – il padre Francesco era medico e la madre Rosa Clemeno, possidente – potè compiere gli studi e laurearsi.
Iniziati i primi anni di studio in Calabria, si trasferì a Napoli dove si iscrisse all’Università nella facoltà di Giurisprudenza. Conseguita la laurea, lasciò Napoli per fare ritorno in Calabria, dove portò le prime cognizioni di socialismo appreso negli ambienti politici e culturali napoletani.
In Calabria fissò la sua dimora a Gerace, dove esercitò la professione di avvocato nel foro di Gerace Marina, non tralasciando di occuparsi di politica e di letteratura.
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[1] Rocco Ritorto, Siderno – Contributo per una storia, 2^ Edizione, AGE, Ardore M. 1994; Id., Figure storiche della costa dei Gelsomini, Pancallo Editore, Locri 2005. Domenico Romeo, Il Socialismo nel Circondario di Gerace in Calabria – Dalle origini all’avvento del Fascismo, AGE Ardore, 2003.
Aderì al partito socialista sin dal suo “nascere”, promuovendo nel circondario geracese l’apertura di alcune sezioni; fu tra i promotori della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Placanica. Si impegnò attivamente per la divulgazione delle idee socialiste, non tralasciando di dare al socialismo il valore di un “cristianesimo rinnovellato”, precisando che come il Cristianesimo anche il socialismo perseguiva il riscatto degli oppressi.
A tal fine collaborò con i giornali socialisti La Frusta e La Lotta, nei quali trattò sia le problematiche politiche, sia il problema della privatizzazione delle ferrovie, che altre materie. La sua collaborazione si estese anche ad altri giornali locali, quali L’Eco-Gazzettino circondariale e Il Domani, nei quali trattò argomenti attinenti la professione forense, la famiglia, il divorzio, la condizione della donna.
Nel 1899 fondò e diresse a Gerace Il Messaggero delle Calabrie, giornale politico, letterario, commerciale.
Nel corso della festa del 1° maggio 1903, in un comizio organizzato dal partito socialista e tenutosi a Roccella Jonica, tra l’altro, ebbe a dire:
Il primo maggio non è più un giorno qualsiasi, che possa scorrere indifferente, inosservato; ma è il giorno che più splende ai popoli civili, siccome quello che rappresenta la festa tradizionale dell’umana attività, il lavoro.
Nei tempi antichi il lavoro era ristretto alle classi infelici, ai derelitti dell’umanità. I ricchi vivevano nell’ozio e si cullavano nei piaceri; solo per avere maggiore dominio, accettavano le alte cariche civili e militari, tenendo a vile le altre occupazioni della vita, quasi tornasse oro a vergogna.
A ver dire Cristo fu il primo che, disprezzando il fasto delle ricchezze, ebbe il coraggio di magnificare il lavoro, stabilendo la massima. “in sudere vultus tui visceris pano”. S. Paolo seguendo la dottrina del maestro, disse: “chi non vuol lavorare, non ha il diritto di mangiare”.
Walter Scott, lavoratore per eccellenza, consigliò sempre di lavorare dicendo che “ il lavoro, migliorando l’uomo, è il miglior pregio di lui”. Voltaire gridava: “toujour an travail” e ne diede l’esempio.
Giuseppe Parini, nato e vissuto si può dire col lavoro, non pure fu quegli che ha restaurato la letteratura dei tempi suoi, sostituendo alla vacuità del pensiero, il sentimento alla coscienza, ma quegli che, col suo sarcasmo, ha demolito quella classe ricca e vagabonda, la quale credendosi privilegiata dalla sorte, disprezzava il lavoro e si compiaceva goderne i frutti.
E col porre egli in ridicolo l’aristocrazia dominante. è riuscito a creare, senza dubbio, una nuova aristocrazia, quella appunto di cui intendiamo oggi realizzare gli effetti: l’aristocrazia del lavoro.
Ma queste espressioni furono desideri di filosofi, sospiri di letterati, palpiti di poeti, che non giunsero a portare quell’era di civiltà che poneva il lavoro come fine supremo dell’uomo.
La Confederazione Americana nel congresso di S. Luigi fissò la data del primo maggio per restringere le ore del lavoro, inalzandone il prestigio e l’importanza.
Il Congresso Internazionale dei lavoratori di Parigi nel 1889 ha anche esso fissata, facendo eco a quanto stabilito avea il Congresso Americano, la data del primo maggio per magnificare il lavoro.
Buon letterato, per le sue qualità fu consigliere accademico della Società Dante Alighieri di Bologna.
Fu accanto alla gente, soprattutto quella bisognosa, erigendosi a difensore dei più deboli e prestando il più delle volte la sua attività professionale gratuitamente.
Il riscatto sociale degli umili e degli oppressi, l’uguaglianza, furono alla base della sua azione di uomo, di politico, di avvocato e di letterato.
Utilizzò per questo fine anche i suoi scritti, dai quali traspare la passione dell’uomo per l’idea, la presa di coscienza civile e politica. S’interessò non solo della divulgazione dei principi socialisti, ma anche della condizione degli operai, dei diseredati, dei profughi, dei deboli, dell’educazione dei giovani.
Anche attraverso le poesie raccolte nel volume Canti Popolari cercò di mettere in evidenza e far conoscere gli aspetti più reconditi e problematici della società, in modo che venissero studiati e fosse trovata una soluzione a problemi sociali atavici, presenti da sempre nella società calabrese e meridionale.
S’interessò anche dell’educazione dei fanciulli, come testimoniano gli scritti di carattere pedagogico dal titolo Saggio di pedagogia, pubblicato nel 1871 ed Educazione prima della nascita, pubblicato nel 1887, che però non ebbero quella diffusione e quella popolarità che il Brundy si aspettava, come egli stesso attestò nella prefazione di un’altra sua opera dal titolo Dal Sebeto alla Guadiana – Avventura d’amore, pubblicata nel 1899 dalla tipografia Osvaldo Paggi di Pitigliano, nella quale si legge:
Nel 1887 diedi alla luce una operetta: L’educazione prima della nascita. Credevo acquistasse popolarità, che tendeva al miglioramento della prole. Fu una mia illusione: appena appena le persone erudite le fecero buon viso. Ma le idee in quel libro espresse mi stavano sempre dinanzi, e di continuo mi facevano pensare alla ricerca di un’altra forma.
Evocando nell’animo mio le opportune ricordanze, nacquero e crebbero le memorie che ora affido all’indulgenza del lettore.
La storia di Ernesto parmi a proposito, perché in essa si rileva come le impressioni materne esercitano una grande potenza sulla creatura concepita. In vero, è per le impressioni materne che il carattere di Ernesto in tutte le vicende tristi di sua vita potè mantenersi integro; è per le impressioni materne che il carattere del padre potè apparire contraddittorio, incomprensibile, e quello di Elvira vanitoso e leggero. Onde m’indussi a stampare questa istoria, fiducioso che la forma artistica, a differenza della didascalica, possa rendere popolari quelle idee, che stimo utili all’umano progresso.
Tra gli altri scritti ci furono i citati Canti Popolari, raccolta di poesie pubblicate a Roma nel 1910 da La Vita Letteraria e il romanzo storico sociale dal titolo Gli Operai, pubblicato a Napoli nel 1910.
Lasciò un romanzo inedito in due volumi dal titolo La profuga e vari scritti e discorsi politici.
La figura fisica ed il modo di essere di Brundy si possono ricavare da alcune pagine del romanzo Gli Operai, pubblicato a Napoli nel 1900 e dedicato ai propri fratelli Stefano, medico, e Vincenzo, ingegnere, morti in giovane età, nel quale, Brundy identificandosi nel protagonista del romanzo, l’avvocato Bizetti, così si descrive:
Di statura era alto, ma di complessione esile. Due occhi vivaci e penetranti sul candido viso, manifestavano una schiettezza confortante. Pareva collerico nell’aspetto, perché stava sempre riconcentrato in sé; ma parlando, atteggiava la bocca a dolce sorriso, e mostravasi di una squisita cordialità. Aveva un carattere aperto, sincero, risoluto e ferreo: onde in tutti i suoi atti apparve sempre di un modo, immutabile nei suoi principi e nelle sue idee politiche; fu, a dir del poeta, tutto di un pezzo, tutto di un colore.
Per quanto tenace nelle sue idee, rispettava sempre le altrui convinzioni, non intendendo in nessun modo ostacolare la libertà degli altri. Odiava coloro che commettevano ingiustizie e professavano immoralità, che pretendeva tutti retti e buoni come lui, qualunque fosse stato il principio che professassero.
Aveva uno studio fiorito, ma, per il suo buon cuore, i lucri professionali erano limitati, tanto che se non avesse avuto del suo, non avrebbe potuto mantenersi a quel grado di agiatezza in cui viveva.
Gerardo Brundy non godeva di buona salute, in quanto la poliomelite presa da giovanetto lo aveva reso claudicante per tutta la vita.
Negli ultimi anni di vita si ritirò a Camini in casa di una nipote, figlia della sorella, che aveva sposato Gerardo Musuraca ed ivi si spense il 6 aprile del 1925.
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