‘Dentro la mente del killer: criminologia e psicologia criminale applicate nel caso di Giulia Cecchettin’.
[“…Il caso di Giulia Cecchettin trascende la mera cronaca nera, rivelando profonde disuguaglianze di genere e carenze nei meccanismi di riconoscimento e gestione della violenza”].
di Vittoria Petrolo
Criminologa – Consulente legale e criminologica
[“L’analisi criminologica del comportamento di Turetta rivela una personalità disturbata, caratterizzata da possessività, gelosia e mancanza di empatia…”].
“[…dovevo farle inevitabilmente del male] mettono in luce una distorta percezione della realtà e una coscienza alterata”.
Il femminicidio rappresenta un drammatico aspetto della violenza di genere, richiedendo un’analisi approfondita da parte della criminologia e della psicologia criminale. Il caso di Giulia Cecchettin, tragicamente uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, offre l’opportunità di indagare le complesse dinamiche psicologiche e criminologiche che caratterizzano tali omicidi, focalizzandosi sulle dinamiche relazionali, sui profili psicologici e sulle risposte da parte delle istituzioni. La relazione tra Giulia e Turetta era caratterizzata da un comportamento possessivo e da tensioni crescenti, aspetti che rappresentano noti precursori di episodi violenti evidenziati da studi sulla violenza di genere. Tale tensione è alimentata dall’incapacità dell’autore del reato di affrontare il rifiuto o la fine della relazione, portando a reazioni estreme, un fenomeno ulteriormente amplificato da un contesto sociale permeato di stereotipi di genere e da una cultura patriarcale che normalizza comportamenti aggressivi e di controllo.
L’analisi criminologica del comportamento di Turetta rivela una personalità disturbata, caratterizzata da possessività, gelosia e mancanza di empatia. Le affermazioni fatte durante gli interrogatori, in cui Turetta cercava di minimizzare il proprio comportamento con frasi del tipo “dovevo farle inevitabilmente del male”, mettono in luce una distorta percezione della realtà e una coscienza alterata. Turetta incarna un archetipo dell’“amante tossico”, in cui un attaccamento malsano si traduce in comportamenti violenti specialmente in contesti di rifiuto. La psicologia criminale fornisce strumenti per comprendere la sua conflittualità interiore e il suo comportamento omicida, evidenziando la sua incapacità di gestire l’impulsività e le emozioni aggressive come aspetti decisivi nell’interpretazione dell’atto estremo. La letteratura criminologica sottolinea come individui simili spesso manifestino segnali di frustrazione che, se trascurati, possono culminare in violenza devastante. L’omicidio di Giulia presenta modalità che suggeriscono premeditazione, evidenti nella scelta del luogo e nella brutalità del atto, nonostante Turetta tenti di dipingere l’evento come una reazione impulsiva; le evidenze forensi e le testimonianze raccolte denotano invece un’intenzione chiara di esercitare controllo attraverso la sopraffazione, esemplificando una mente che giustifica e promuove la violenza come mezzo di dominio.
Il caso ha sollevato interrogativi cruciali circa le risposte istituzionali e la protezione delle donne vittime di violenza. Nonostante le misure di protezione siano migliorate a seguito di recenti riforme legislative, la loro applicazione non sempre si rivela efficace. Giulia aveva subito minacce e comportamenti di stalking, ma l’inerzia delle istituzioni nell’intervenire adeguatamente ha rappresentato un fattore di rischio significativo. È dunque fondamentale che le forze dell’ordine, i professionisti della salute mentale e altri attori sociali siano formati per affrontare con competenza e sensibilità le segnalazioni di violenza di genere. Solo attraverso un approccio multidisciplinare e coordinato è possibile migliorare l’efficacia degli interventi preventivi e protettivi. Il caso di Giulia Cecchettin trascende la mera cronaca nera, rivelando profonde disuguaglianze di genere e carenze nei meccanismi di riconoscimento e gestione della violenza. Investire in formazione, sensibilizzazione e ascolto delle vittime è essenziale per offrire risposte adeguate e promuovere una cultura di rispetto e parità. L’analisi criminologica e psicologica relativa ai fenomeni di femminicidio deve andare oltre la semplice condanna, mirando a una comprensione profonda delle radici e delle dinamiche della violenza affinché possano essere progettati interventi efficaci e stimolato un cambiamento culturale significativo. La lotta contro il femminicidio richiede un impegno collettivo, una mobilitazione sociale e determinazione legislativa per garantire un futuro in cui le donne possano vivere senza paura e avere la libertà di determinare il proprio destino.
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