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Il Commento di Michele Bontempi

LA NOTIZIA: 
Tra le toghe poca voglia di combattere la Riforma (da: Il Messaggero del 5 maggio 2024 – di Alberto Cisterna)
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IL COMMENTO:

La giustizia nuovamente usata per un annuncio di propaganda elettorale in vista delle elezioni europee o questa è davvero la volta buona ?
Siamo indubbiamente in un delicato momento di passaggio.
Da una parte la “Rassegnazione”: chi pensa che la riforma della separazione delle carriere dei magistrati in Italia non si farà mai non ostante i referendum, proclami, etc. ; innanzitutto perché c’è il veto di pochi magistrati ma che contano più di tutti i politici insieme, per il potere che hanno (le Procure) e anche perché dentro la stessa maggioranza di destra convivono varie anime, non tutte garantiste, anzi…

Non ci sarebbero quindi le condizioni per una riforma di sistema come quella della separazione delle carriere e, pur non mettendo in dubbio che Nordio sia un galantuomo e che, se fosse messo nelle condizioni, farebbe la riforma subito, c’è chi mette in guardia dal cadere nel tranello della maggioranza, che starebbe usando l’annuncio della riforma della separazione delle carriere solo per propaganda elettorale.
E dall’altra parte la “Rivoluzione”: quella di chi come Gaetano Pecorella dice che questa volta “ci sono gli ingredienti giusti”, che “il paese ha capito finalmente che chi fa il giudice non può fare l’accusatore e chi fa l’accusatore non può fare il giudice”.
Ma soprattutto spuntano loro, i giudici; in effetti, potrebbero essere loro gli artefici della “Rivoluzione”?

In una recente intervista al Messaggero, un presidente di sezione civile del tribunale di Roma, Alberto Cisterna, ha denunciato ad alta voce la frattura sempre più profonda fra la maggioranza dei magistrati in Italia (in buona parte giudici) e alcuni pochi Pubblici ministeri che reggono le fila dell’Associazione nazionale magistrati.
I primi – chiamati anche “maggioranza silenziosa” – non avrebbero alcuna voglia di fare le barricate contro la separazione delle carriere, stanchi di essere da molti anni trascinati nella polemica con la politica da un manipolo di pubblici ministeri narcisisti, i secondi, ovviamente, sarebbero (e sono) pronti a battersi fino alla morte contro la materializzazione del loro peggior incubo: perdere una parte del loro potere per effetto della separazione delle carriere. Perdere l’influenza sul giudice.
Ma con quali mezzi combatteranno questa volta?

C’è infatti un precedente di cui nessuno parla: la debacle dello sciopero del 2022 di Anm contro la riforma “Cartabia”.
Vi aderì solo il 48% e questo significa che la maggioranza dei magistrati (e dei giudici quindi) hanno messo la toga anche il giorno storico dello sciopero svolgendo silenziosamente il loro lavoro.
Che non siano proprio i giudici della “maggioranza silenziosa”, questa volta, a volersi separare dai pubblici ministeri narcisisti e a rappresentare il cavallo di Troia per l’ingresso della riforma nella roccaforte del potere, che fino ad oggi appare inespugnabile?

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