Il Commento di Michele Bontempi
Revocato il lavoro esterno a Giulia Taesi, 29 anni condannata per omicidio.
Oggi raccontiamo la storia di Giulia, una giovane donna che sta scontando una condanna a 16 anni di reclusione per concorso in omicidio. Una brutta storia di droga, un passato difficile e oscuro dal quale Giulia però sta uscendo con tenacia e determinazione. Studia da 3 anni all’Università cattolica e lavora come cameriera in un ristorante in regime di “lavoro all’esterno”, reso possibile dall’art.21 della legge sull’ordinamento penitenziario. O meglio lavorava … perché dal 20 dicembre scorso la direzione del carcere ha sospeso il regime in attesa della decisione del magistrato di sorveglianza. Complice un brindisi alla cena di Natale dei dipendenti e collaboratori del ristorante, che l’ha fatta risultare positiva all’alcol test effettuato al rientro in carcere, Giulia rischia di mandare in frantumi un delicato e difficile percorso di recupero. Rispetto ai cittadini comuni un detenuto con un passato di tossicodipendenza non ha la possibilità di risultare positivo all’alcol neppure per un bassissimo valore, anche se – c’è da dirlo – Giulia non ha commesso alcun reato, ma una leggerezza senza dubbio sì. E ora questa leggerezza potrebbe costarle cara, tutto dipenderà dalla sensibilità del magistrato di sorveglianza che dovrà decidere – valutando tutte le circostanze – se darle un’altra opportunità. Perché abbiamo raccontato la storia di Giulia ? Semplicemente per sfatare uno dei molti falsi luoghi comuni che ruotano intorno all’esecuzione delle pene e cioè che lo Stato sarebbe troppo indulgente con chi commette reati, concedendo la libertà con troppa facilità. Niente di più lontano dalla realtà se è vero che un semplice brindisi natalizio con dei colleghi basta per sospendere un percorso di recupero e rischia di interromperlo per il futuro.
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