In tema di reati edilizi, va affermato che ogni procedimento di condono dev’essere valutato in base alla disciplina afferente alla relativa domanda, sicché non può essere evocata alcuna automatica e non prevista estensione di altre diverse, successive discipline, pur se, in astratto, relative al medesimo istituto del condono, ostandovi sia la diversità dei requisiti di accesso ad esso previsti dalle molteplici discipline, sia il principio di tipicità degli atti e dei procedimenti amministrativi, che impone la correlazione tra la domanda, la relativa disciplina e la decisione finale.
In materia di condono edilizio la Suprema Corte, per mezzo della sentenza in oggetto, ha confermato, ribadendolo, l’autonomia delle tre discipline di condono intervenute dal 1985 con la legge nr. 47, ad oggi.
Più specificamente la Suprema Corte, in linea con la maggioritaria giurisprudenza, ha ritenuto che ogni procedimento di condono – sanatoria edilizia- non può che valutarsi rispetto alla disciplina cui afferisce la domanda senza che sia evocabile alcuna automatica estensione – non prevista- di altre distinte, diverse e successive discipline, ancorchè afferenti in astratto al medesimo istituto di condono.
Il fondamento della decisione è da individuarsi nel principio di tipicità degli atti e procedimenti amministrativi, che impone una correlazione tra domanda, relativa disciplina e decisione finale.
In forza dei suddetti principi la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso dell’imputato che avendo fatto illo tempore richiesta di condono edilizio ai sensi della legge 47/1985, aveva poi inteso e preteso d’avvantaggiarsi anche delle disposizioni contenute nelle discipline successive e più specificamente di quelle della legge 326/ 2003, che all’evidenza erano connotati di proprie condizioni, limiti e modalità.
Cass. Pen. Sez. III. sentenza numero 50318, del 25.10.2023, depositata il 18 dicembre 2023.
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