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Quando si devono infiggere più pene di specie diversa, il giudice provvede al cumulo osservando dapprima il limite del quintuplo della reclusione più grave e dell’arresto più grave all’interno di ciascuna delle due specie di pena (art. 78, comma 1, c.p.) ma, in ogni caso, non può applicare una pena superiore ai trent’anni (art. 78, comma 2, c.p.).

Con l’ordinanza ricorsa il giudice dell’esecuzione, nel respingere l’istanza del condannato diretta alla fissazione della misura della pena ancora da espiare, ha sostenuto che l’invocata disposizione dell’art. 78, primo comma, cod. pen. opera solo in caso di concorso di reati che importano pene della stessa specie, ai sensi dell’art. 73 cod. pen.; nel caso in esame, invece, il condannato aveva riportato varie condanne alla reclusione ed un’unica condanna a sei mesi di arresto, sicché il criterio moderatore risulta quello dell’art. 78, secondo comma, cod. pen., che prevede il limite di trenta anni di reclusione, pienamente rispettato nel provvedimento di esecuzione di pene concorrenti.  

E peraltro, secondo il giudice dell’esecuzione, non è possibile accedere alla richiesta di scioglimento del cumulo già in atto, in quanto il principio generale in materia di esecuzione, desumibile dall’art. 76 cod. pen., è quello della unità del rapporto esecutivo, sicché le pene cumulate perdono la loro individualità, che sopravvive soltanto agli specifici effetti indicati nel secondo comma dell’art. 76 cod. pen. Né si è ritenuta di rilievo nel caso in esame la possibilità di scioglimento del cumulo delle pene nel caso di concorso tra reati ostativi e non ostativi, in quanto ciò è stato ammesso per individuare la porzione di pena già espiata, da imputarsi prioritariamente ai reati ostativi, al fine di rendere possibile l’ammissione ai benefici penitenziari.

In realtà, dice la Corte di Cassazione nell’accogliere il ricorso, è errato il presupposto interpretativo dal quale parte il giudice dell’esecuzione, perché l’art. 78 cod. pen. si limita a temperare il cumulo materiale per il concorso di pene derivante da un concorso di reati, con la conseguenza che le singole pene (sia nel caso di concorso di pene temporanee della stessa specie e sia nel caso di concorso di pene temporanee di specie diversa) devono essere individuate dal giudice per ciascun reato ed entrambi i limiti, quello proporzionale (del quintuplo) e quello fisso (trenta anni), operano poi sul presupposto che siano previamente stabilite non solo la pena più grave, ma anche le altre pene per ognuno dei reati concorrenti. Ragionando diversamente, si perverrebbe a conclusioni assurde perché si consentirebbe al criterio proporzionale (del quintuplo) di operare nel caso di concorso di pene della stessa specie, il cui cumulo materiale sia superiore a quello derivante dal concorso di pene di specie diversa, al quale sarebbe riservata esclusivamente l’applicazione del criterio fisso di sbarramento, cosicché, nonostante un minore carico sanzionatorio, la pena in concreto da espiare sarebbe, in siffatta ipotesi, maggiore, salvo il limite degli anni trenta.

Ed infatti in presenza di reati commessi in tempi diversi e di periodi di carcerazione sofferti parimenti in tempi diversi, non può essere eseguito un cumulo unitario e globale, soggetto ai limiti dell’art. 78 cod. pen., ma vanno ordinati cronologicamente, da una parte i reati e dall’altra i periodi ininterrotti di carcerazione per poi procedere ad operazioni successive detraendo ogni periodo dal cumulo (parziale) delle pene per i reati commessi in precedenza, fino al cumulo definitivo, applicando il criterio di cui all’art. 78 cp, nell’ambito di ogni singolo cumulo parziale. Ne consegue che non è consentita una cumulabilità indiscriminata e globale, la quale comporterebbe inevitabilmente l’imputazione di periodi di carcerazione anteriori a pene irrogate per reati commessi successivamente, in palese violazione del principio secondo cui la pena non può precedere il reato e così incoraggiarne, anziché frenarne, la reiterazione. Non è dunque possibile – come pare lasciare intendere l’ordinanza ricorsa – includere tutte le pene in un cumulo indiscriminato e globale, soggetto alle limitazioni dell’art. 78 e alla successiva unitaria e globale detrazione del presofferto, quando si sia in presenza di reati diversi e di periodi di carcerazione parimenti sofferti in tempi diversi, e in particolare allorché il nuovo reato sia stato commesso durante l’espiazione del cumulo precedente o comunque prima della totale espiazione del cumulo stesso. In queste ultime ipotesi si deve unificare il residuo del cumulo precedente con la pena inflitta per il nuovo reato, dalla cui data di commissione (o dalla data del successivo arresto, se il reato non è stato commesso in corso di detenzione) ha inizio l’espiazione così unificata: mentre l’art. 78 cod. pen. esplica la sua efficacia nell’ambito e nei limiti di ciascuna operazione di cumulo.

In detta prospettiva, peraltro, è possibile invocare il principio del favor rei, che presiede alla generale possibilità di scioglimento del cumulo giuridico, in presenza di istituti che, ai fini della loro applicabilità, richiedano la separata considerazione dei titoli di condanna e delle relative pene, considerato che il cumulo delle pene costituisce un beneficio per il condannato, e tale deve permanere in tutta la fase esecutiva. Diversamente, infatti, si verrebbe a far dipendere l’applicazione di un trattamento deteriore dalla sola eventualità, del tutto casuale, di un rapporto esecutivo unico in luogo di più rapporti scaturenti dall’esecuzione delle singole condanne, con l’ulteriore incongruenza che, nel caso di cumulo giuridico, questo, concepito soltanto per temperare l’asprezza del cumulo materiale, verrebbe a tradursi invece in un danno per l’interessato.

A questo proposito, osserva la Corte che l’art. 74 cod. pen. disciplina il cumulo materiale relativo al concorso di reati che importano pene detentive di specie diversa, stabilendo che “se più reati importano pene temporanee detentive di specie diversa, queste si applicano tutte distintamente e per intero” e che comunque “la pena dell’arresto è eseguita per ultima”. Il primo comma dell’art. 74 cod. pen. declina, dunque, una ulteriore regola generale del cumulo materiale (che si aggiunge a quelle di cui all’art. 73, comma 1 e 3, cod. pen.), in forza della quale, quando concorrono pene della reclusione e pene dell’arresto, il giudice non si limita a stabilire la pena per ciascun reato ma le applica tutte, distintamente (ossia «una per una»: e ciononostante dette pene si dovranno considerare, salvo eccezioni, ancora pena unica della specie più grave: cfr. art. 76, comma 2, cod. pen.) e per intero (ma osservando il limite massimo dell’art. 78, secondo comma, stesso codice). Quest’ultima disposizione prevede, appunto, i limiti massimi per l’ipotesi di concorso di reati che si traduca in concorso di pene di specie diversa.

Ne consegue che, quando si devono infliggere più pene della reclusione e dell’arresto (evidentemente per il concorso di delitti e di contravvenzioni), il giudice procede al cumulo osservando dapprima il quintuplo della reclusione più grave e dell’arresto più grave «all’interno» di ciascuna delle due specie di pena (art. 78, comma primo, cod. pen.) ma, in ogni caso, non può applicare una pena superiore ai trent’anni (art. 78, comma secondo, cod. pen.). La detrazione dall’arresto della parte di pena eccedente è intesa a prolungare il più possibile l’esecuzione della specie più grave di pena, cioè la reclusione (e quando già la reclusione raggiungesse i trent’anni, la pena dell’arresto deve considerarsi assorbita); sicchè la norma contenuta nel secondo comma dell’art. 78 cod. pen. costituisce, accanto a quella del primo comma, una ulteriore ipotesi di cumulo giuridico, per effetto del quale anche in caso di concorso di pene detentive di specie diversa, la pena complessiva non può superare gli anni trenta. Pertanto, nel caso di cumulo delle pene della reclusione e dell’arresto, ove il predetto limite sia già raggiunto dalla reclusione, la pena dell’arresto deve ritenersi in essa assorbita.

Cass. pen., Sez. I., ud. 23 giugno 2023 (dep. 30 novembre 2023), n. 47799

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