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“Il principio di consumazione dell’impugnazione non opera quando il giudizio originato dalla presentazione di un atto di prima impugnazione venga definito in termini meramente formali e procedurali, ed un secondo atto di impugnazione venga proposto validamente e tempestivamente.”

Il Tribunale di sorveglianza di Campobasso dichiarava inammissibile il reclamo del condannato, proposto tramite posta raccomandata, avverso la decisione giudiziale di primo grado che aveva accolto solo parzialmente la sua istanza risarcitoria ex art. 35-ter legge 26 luglio 1975 n. 354, in quanto analogo reclamo era già stato dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 24, comma 6-septies, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, poiché non firmato digitalmente e pertanto il relativo potere di impugnazione si era ormai consumato.

Avverso il provvedimento il condannato ha presentato rituale ricorso che è stato accolto sebbene per ragioni parzialmente diverse da quelle sostenute nell’atto di impugnazione. La Corte infatti – dopo aver precisato che  il principio di unicità dell’impugnazione preclude a tutti i legittimati la reiterazione di atti di impugnazione, ove, al momento della presentazione del secondo atto, ancorché in sé tempestivo, sia già intervenuta la decisione sulla prima impugnazione – ha ribadito che la ratio, sottesa al principio di consumazione dell’impugnazione, è quella di evitare che il frammentato esercizio del relativo diritto, pur temporalmente dimensionato dal termine legale soggetto a scadenza, possa determinare, con la moltiplicazione dei giudizi di impugnazione, e con i suoi negativi effetti sull’economia del processo e sulla sua ragionevole durata, l’insorgere del rischio di pronunce contrastanti sulla medesima regiudicanda, che neppure l’eventuale diversità dei motivi via via addotti dall’impugnante sarebbe in grado di superare. L’esito di potenziale conflitto di giudicati sostanziali, non risolvibile a norma dell’art. 669 cod. proc. pen. o, anche altrimenti, con gli strumenti processuali ordinari, è l’evenienza da scongiurare, su cui fa perno la regola dell’unicità del diritto di impugnazione, già enucleata come regola fondamentale del sistema nel previgente codice di rito e importata nell’attuale (Sez. U, n. 6026 del 31/01/2008, Huzuneanu, Rv. 238472-01, § 3 ss. del Considerato in diritto). Un tale rischio si pone realmente, a ben vedere, solo a fronte della già intervenuta definizione della prima impugnazione con pronuncia sul merito. Ove il giudizio, inerente la prima impugnazione, si sia invece arrestato per ragioni meramente procedurali, legate al mancato rispetto delle modalità e delle forme con le quali il giudizio stesso è stato introdotto, il rischio di accertamenti di merito contrastanti sull’accusa penale, o sull’oggetto del procedimento, non è paventabile. Non vi è allora ragione, sia o meno già intervenuta la pronuncia giudiziale di riscontro dell’irrituale esercizio del potere di impugnazione, e indipendentemente dalla stessa natura recettizia della pronuncia medesima, di precludere all’avente diritto – sempre che il termine non sia scaduto – di sanare il vizio proponendo un atto di impugnazione valido. Né vi è da temere, stante il carattere circoscritto della prima pronuncia, di immediata e pronta adozione, che la duplicazione di giudizi impugnatori determini, in tale ipotesi, una dilatazione significativa dei tempi processuali, come il caso odierno paradigmaticamente dimostra. L’opposta interpretazione condurrebbe ad una compressione del diritto di impugnazione, ingiustificata proprio perché non bilanciata dalla salvaguardia di alcun valore processuale che si presenti con quel diritto in reale contrapposizione o in fisiologica tensione. E pertanto il principio di consumazione dell’impugnazione non opera se il giudizio originato dalla presentazione di un primo atto di impugnazione è stata definito in termini meramente formali e procedurali (come nel caso di atto trasmesso via posta elettronica certificata, in difformità delle regole tecniche stabilite), e un secondo atto di impugnazione è validamente proposto nel rispetto del termine dalla legge originariamente stabilito.

 

Cassazione penale I sezione ud. 19 maggio 2023 n. 32593, ric. De Matteo

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