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La prova indiziaria ha lo stesso valore della prova storica, in quanto se da un lato quella storica ha il vantaggio di rappresentare il fatto in via diretta, dall’altra, racchiude in sé molti rischi di errore. Tali errori possono far scaturire nel giudice un necessario approccio critico, anche in relazione alle fonti dirette.

Nelle acquisizioni probatorie, l’art. 192 c.p.p. non introduce alcuna “gerarchia di valore”, ma può solo indicare il criterio argomentativo con cui il giudice attua l’analisi ricostruttiva.

Il caso

Con l’accusa di omicidio volontario del marito una donna subisce una condannata in primo grado a dieci anni di reclusione. La sentenza, poi, riformata in Appello, a seguito delle circostanze attenuanti generiche prevalenti riduce la pena di anni 8 di reclusione.

Nel ricorso, l’imputata argomenta vizio di motivazione in punto di affermazione di responsabilità a causa della precarietà del ragionamento e della valutazione indiziaria operata dalla Corte di merito. La Corte di Cassazione, ritiene infondato il ricorso analizzando preliminarmente i principi in tema di valutazione della prova indiziaria e diretta, per poi precisare, successivamente, i limiti imposti sul controllo e sulla corretta applicazione dei canoni logici e normativi propri del giudizio di merito.

Differenze fra la prova diretta e la prova indiziaria

La Corte, affrontando la decisione sul ricorso, precisa le differenze tra prova diretta e prova indiziaria, affermando che le medesime differenze si dipanano sul piano della “idoneità rappresentativa” del fatto da provare.

La distinzione tra indizio e prova quindi non è insita nella tipologia della fonte probatoria considerata, ma nel rapporto esistente tra la capacità dimostrativa del singolo elemento e il fatto da provare.

Per spiegarlo in modo assai semplice: la prova indiziaria non è altro che un “contributo conoscitivo che, anche se non rappresenta in via diretta il fatto da provare, permette – sulla base di una operazione di raccordo intellettivo e logico tra più circostanze – di contribuire alla sua evidenza oggettiva”.

La capacità rappresentativa parziale dell’indizio tuttavia consente, attraverso un percorso deduttivo, di giungere ad un risultato utile di conoscenza ai fini del giudizio.

La necessaria e unitaria valutazione del complesso indiziario

La prova indiziaria con tutte le sue “cautele valutative”, così come indicato dall’art. 192, comma 2 c.p.p., è resa necessaria proprio dalla sua incapacità dimostrativa, per cui si richiede che la stessa presenti i caratteri della “gravità, precisione e concordanza”, in relazione a un’analisi «unitaria e globale dei dati raccolti».

Così si esprime poi il collegio giudicante in Corte di Cassazione, spiegando come attraverso un esame unitario dei dati indiziari, la relativa ambiguità dei singoli elementi viene superata attraverso l’integrazione con gli altri, così da conferire al complesso indiziario un “univoco significato dimostrativo» (Cass. SS. UU. n. 33748/2005).

Il Giudizio di gravità di più elementi indizianti

La Corte evidenzia poi il grado di persuasività del singolo indizio, che non può mai essere il uguale per tutti.

È frequente che concorrano vari elementi di maggiore o minore gravità indiziaria rispetto al fatto da provare, pur rimanendo inalterata la necessità di precisione (vista come direzione tendenzialmente univoca del contenuto informativo) e concordanza (convergenza dimostrativa).

I requisiti della molteplicità e della gravità, in tema di prova indiziaria, sono tra loro strettamente collegati ai fini della loro capacità dimostrativa. Anzi si completano a vicenda. Infatti, nel caso di indizi poco significativi può assumere rilevanza l’elevato numero; mentre in caso contrario, in presenza di indizi particolarmente gravi può essere sufficiente la presenza di pochi di essi.

Tuttavia, la prova indiziaria, proprio per sua natura, non potrà mai offrire una rappresentazione fattuale che vada a sovrapporsi alla prova diretta.

Verifica di legittimità sulla sentenza di merito

In merito alla seconda questione affrontata dalla Corte, i giudici, facendo ricorso ai principi di verifica sulle rimostranze di illogicità della sentenza di merito, hanno ricordato che il controllo sui vizi di motivazione, in tali ipotesi, non può essere estesa al sindacato sulla scelta delle massime di esperienza (cioè dei giudizi ipotetici a contenuto generale) alle quali il giudice fa ricorso per la ricostruzione del fatto. Il lamentarsi di una illogicità può essere accolta solo in quelle ipotesi in cui il ragionamento individuato nella sentenza di merito non si fondi su una massima di esperienza e valorizzi, invece, una congettura o una pretesa regola generale che risulti priva di plausibilità.

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