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In tema di rescissione del giudicato, non costituisce indice di effettiva conoscenza del processo la nomina di un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso il suo studio compiuta nella fase delle indagini preliminari, alla quale abbia fatto seguito una dichiarazione di rinuncia al mandato, ove non vi sia prova che la rinuncia sia stata comunicata all’imputato e non ricorrano elementi concreti da cui desumere che questi abbia avuto notizia della “vocatio in iudicium”. (In motivazione la Corte ha precisato che la negligenza informativa dell’imputato non costituisce di per sé prova della volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo).

A cura di Marco Latella (Avvocato del foro di Locri e componente del comitato di redazione della Camera Penale di Locri)

La Suprema Corte ha affrontato l’interessante quaestio iuris riguardante gli effetti derivanti dalla mancanza conoscenza, da parte dell’imputato, della pendenza del procedimento nei propri confronti, del contenuto dell’accusa mossa a suo carico, della data e del luogo di svolgimento dell’udienza.

Nel caso di specie, la Corte di appello di Milano rigettava la richiesta di rescissione del giudicato in relazione alla sentenza emessa in data 15.02.2022 dal Tribunale di Milano e divenuta irrevocabile in data 02.04.2002 con cui detto organo giudicante condannava l’imputato (già dichiarato assente) siccome ritenuto responsabile del reato di resistenza a pubblico ufficiale.

Ciò posto, devesi rilevare che, in data 01.07.2019, l’allora indagato veniva condotto in caserma per la relativa identificazione stante la asserita commissione del reato di resistenza a pubblico ufficiale e, in tale occasione, lo stesso nominava difensore di fiducia eleggendo domicilio presso il medesimo. In data 03.12.2021, il difensore di fiducia dichiarava, a mezzo p.e.c., di rinunciare al mandato a seguito della notifica del decreto di citazione diretta a giudizio fissata per il giorno 10.12.2021.

Pertanto, in data 06.12.2021, veniva nominato un difensore d’ufficio al quale veniva notificato il predetto decreto.  

Orbene, devesi evidenziare che in atti non è emerso che l’imputato fosse stato notiziato dal difensore di fiducia del contenuto del decreto di citazione a giudizio e, al contempo, del fatto che fosse stato nominato un difensore d’ufficio.

Di tal che, l’imputato non si presentava alle successive udienze venendo dichiarato erroneamente assente poiché l’elezione di domicilio era stata effettuata presso il difensore di fiducia e successivamente mantenuta presso il medesimo.

In tale contesto fattuale, l’imputato non era mai stato cercato presso il proprio indirizzo di residenza.

In data 15.02.2022, il Tribunale di Milano emetteva sentenza di condanna dichiarando l’imputato elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia (che aveva rinunciato al mandato al momento della notifica del decreto di citazione diretta a giudizio) e, contemporaneamente, assistito da un difensore d’ufficio.

La predetta sentenza non costituiva oggetto di appello.

La superiore prolusione è risultata necessaria ai fini della comprensione della doglianza formulata dall’imputato davanti alla Suprema Corte.

Difatti, il ricorrente si doleva – tramite ricorso per Cassazione – del fatto che la Corte di appello lo avesse erroneamente considerato assente dal momento che la nomina del difensore di fiducia non poteva costituire, da sola, elemento idoneo a dimostrare l’effettiva conoscenza della pendenza del processo da parte del medesimo (considerata l’intervenuta rinuncia al mandato prima dell’inizio del processo).

Difatti, la ridetta rinuncia costituiva, indubbiamente, una forma di cessazione del rapporto fiduciario tra difensore e imputato determinando la recisione della “relazione domiciliatario – domiciliato”.

Una situazione siffatta avrebbe, pertanto, dovuto indurre la Corte a verificare se l’imputato fosse stato messo effettivamente a conoscenza dello stato del procedimento a proprio carico (attività di verifica, in realtà, mai effettuata).

La Sesta sezione, investita del ricorso, ne accoglieva le argomentazioni giuridiche.

Preliminarmente, i Giudici di legittimità hanno rilevato che “in tema di rescissione del giudicato, la nomina di un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso il suo studio, alla quale abbia fatto seguito una dichiarazione di rinuncia al mandato, costituisce indice di effettiva conoscenza del processo che legittima il giudizio in assenza, salva l’allegazione, da parte del condannato, di circostanze di fatto che consentano di ritenere che egli non abbia avuto conoscenza della celebrazione del processo e che questa non sia dipesa da colpevole disinteresse per la vicenda processuale” (cfr. Sez. 3, n. 13236 del 23/03/2022, Piunti).

Ciò posto, il primario problema attiene alla effettiva conoscenza, da parte dell’imputato, della “accusa contenuta in un provvedimento formale di “vocatio in iudicium” ”.

Difatti, devesi evidenziare come risulti fondamentale che “l’accusato abbia conoscenza del processo” e non soltanto dell’indagine a proprio carico dal momento che la c.d. “vocatio in iudicium” costituisce il provvedimento formale “contenente la descrizione del fatto oggetto della imputazione e della data e del luogo di svolgimento del giudizio”.

Di conseguenza, la legittima celebrazione del processo “transita” dalla effettiva conoscenza – da parte dell’imputato- del contenuto del decreto di citazione, dalla concreta consapevolezza del medesimo in ordine all’oggetto dell’accusa rivoltagli e dalla certezza che lo stesso “abbia rinunciato a comparire ovvero si sia deliberatamente sottratto alla conoscenza del processo”.

In tal senso, le Sezioni Unite “Innaro” – in tema di “inottemperanza all’onere di informazione che deriva dalle situazioni tipizzate ex art. 420-bis, cod. proc. pen.” ante riforma Cartabia – hanno stabilito come sia fondamentale che l’imputato dimostri la sua «incolpevole mancata conoscenza del processo».

Tale argomentazione è stata suffragata dalle Sezioni Unite “Lovric” che hanno enucleato il principio di diritto secondo cui “l’art. 629-bis cod. proc. pen. […] offre una forma di tutela all’imputato non presente fisicamente in udienza, mediante la possibilità di proposizione di un mezzo straordinario di impugnazione, che realizza la reazione ripristinatoria del corretto corso del processo per situazioni di mancata partecipazione del soggetto accusato, in dipendenza dell’ignoranza incolpevole della celebrazione del processo stesso, che non siano state intercettate e risolte in precedenza in sede di cognizione”.

Ecco che il giudice della rescissione avrà, quindi, ampi poteri di natura accertativa su elementi di carattere fattuale dai quali desumere la conoscenza del processo da parte dell’accusato o, in alternativa, pervenire a ritenere la sussistenza della sua incolpevole ignoranza.

Il dictum delle Sezioni Unite “Ismail”, nella subiecta materia, assume decisivo rilievo dal momento che i Giudici di legittimità, con tale pronunciamento, hanno statuito che:

  • il processo in assenza non costituisce una sanzione”;
  • i cd. indici di conoscenza del processo fanno riferimento a situazioni che necessitano di caratteri di effettività rispetto alle modalità con cui sono realizzate”;
  • rileva, a tal fine, la efficacia della scelta del domicilio, le modalità di realizzazione del rapporto con il difensore di fiducia che accetti la nomina”;
  • la elezione di domicilio deve essere “seria” e reale, dovendo essere apprezzabile un rapporto tra il soggetto ed il luogo presso il quale dovrebbero essere indirizzati gli atti”;
  • anche la nomina del difensore di fiducia deve essere effettiva essendo, quindi, necessario «verificare se gli imputati siano effettivamente, venuti a conoscenza della vocatio in iudicium oppure, se nonostante «le formalmente regolari notifiche» presso il domiciliatario, gli imputati non abbiano alcuna consapevolezza dell’inizio del processo a loro carico”;
  • della volontaria sottrazione alla conoscenza del processo vi deve essere una traccia “positiva” all’esito di un necessario accertamento in fatto”.

In tale contesto, un problema di carattere giuridico di assoluta delicatezza ha quale oggetto il rapporto che intercorre tra l’onere di informazione da parte del difensore nei confronti dell’assistito e l’obbligo di attivazione da parte dell’imputato al fine di conoscere il contenuto dell’accusa mossa a suo carico soprattutto nel caso in cui egli abbia nominato un difensore di fiducia e abbia dichiarato o eletto domicilio presso il soggetto che lo difende.

Pertanto la “incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo” deve essere valutata attentamente dal giudice della rescissione al fine di comprendere il modus agendi dell’imputato.

Al decidente sono, conseguentemente, attribuiti “ampi e doverosi poteri accertativi al fine di verificare se e in che termini si sia o meno in presenza di una finta inconsapevolezza del processo, ma nessun automatismo, nessuna presunzione, nessuna esasperazione dell’onere di informazione, nessuna eccessiva estensione degli oneri di diligenza e di attivazione dell’imputato o del condannato – al fine di essere messo a conoscenza dell’accusa nei suoi confronti – in ragione della nomina di un difensore di fiducia, con elezione di domicilio presso lo studio di questi, conferita in una fase non già di vocatio in iudicium, quanto, piuttosto, nello svolgimento delle indagini preliminari e divenuta, successivamente, priva di effetti concreti per un evento peculiare quale la rinuncia al mandato” (cfr.  Sez. 5, n. 809 del 28/09/2023, Lleshi).

Nel caso di specie, secondo la Corte di appello di Milano, l’imputato (o, meglio, il condannato) avrebbe dovuto allegare le specifiche circostanze dalle quali desumere il motivo del proprio “vuoto” conoscitivo e dell’impossibilità di apprendere gli sviluppi del processo considerata l’avvenuta nomina fiduciaria e la formulazione della dichiarazione di domicilio presso il difensore.

Secondo la Suprema Corte, invece, la mancata conoscenza del processo non deriva da una volontaria condotta di sottrazione dell’imputato al processo, ma da una peculiare situazione processuale che ha condotto l’accusato a versare in uno stato di ignoranza “originata dalla mancata attivazione, nel silenzio del difensore nominato di fiducia e poi rinunciante, delle sue possibilità di conoscenza del procedimento in via generica, desunte dall’iniziale notizia della esistenza di esso, avvenuta in una fase meramente embrionale e, pertanto, inidonea a poter sostenere un tale onere a tempo indeterminato”.

In assenza di elementi dai quali desumere cosa sia effettivamente accaduto dopo il deposito della dichiarazione di rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia, non è dato comprendere – secondo i Giudici di legittimità – se l’imputato sia stato notiziato dal precedente difensore sullo stato effettivo del procedimento e se sia stata comunicata all’imputato/condannato la nomina del difensore d’ufficio da parte del Tribunale di Milano.

Sulla scorta di tali considerazioni, l’assenza di prova in ordine alla volontà dell’imputato di sottrarsi al processo, ha indotto la Suprema Corte a disporre l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza dal momento che la effettiva conoscenza del processo (da parte dell’imputato) “non può desumersi dalla mera nomina di un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso di questi, compiuta nella fase iniziale delle indagini, nel caso in cui il difensore abbia rinunciato al mandato e non vi sia nessuna prova né della comunicazione della rinuncia, né della effettiva comunicazione della nomina del nuovo difensore di ufficio e neppure quella della effettività del rapporto professionale tra l’imputato e il difensore rinunciante”.

 

Cass. Pen., Sez. VI, Sentenza n. 24729 del 07/03/2024 Cc. (dep. 21/06/2024) 

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