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Esercitazione universitaria sull’IA. “Nessuno strumento sostituisce gli altri e ognuno ha pregi e difetti”

Rif. “Il Sole 24 ORE del 21 ottobre 2024”

Il commento di Michele Bontempi – penalista del Foro di Brescia

Nel corso di Diritto di internet e dei social media dell’Università degli Studi di Bologna la professoressa Gisella Finocchiaro ha proposto agli studenti come esperimento la redazione di un atto giudiziario mediante l’intelligenza artificiale.
Il risultato è stato sorprendente.
In soli 15 minuti, ciascuno studente aveva concluso la redazione di un atto di citazione apparentemente perfetto e adatto al caso concreto.
Confrontando i diversi atti sono emersi dati molto interessanti, alcuni dei quali fanno riflettere ognuno di noi in una prospettiva futura. Innanzitutto, il primo aspetto decisivo ai fini della riuscita dell’atto è stato la specificità della domanda che dipende evidentemente dall’abilità dell’essere umano nell’utilizzo dello strumento digitale.
In questo caso la domanda giusta era una sola: “scrivi un atto di citazione come se fossi l’avvocato dei genitori chiedendo il risarcimento del danno”

Venendo al cuore dell’esperimento, molti atti contenevano citazioni giurisprudenziali inesistenti o del tutto fuorvianti e, in alcuni casi, errori concettuali sostanziali.
Ma, non ostante questi errori di dettaglio, si confermava che l’ossatura di un atto complesso come una citazione a giudizio calata dal cielo in 15 minuti dall’intelligenza artificiale era corretta nella sua struttura di base.
A questo punto l’avvocato in carne ed ossa doveva “solo” intervenire con le dovute correzioni e ciò presuppone, evidentemente, e a prescindere da tutto, la padronanza della materia e l’uso dei propri personali strumenti intellettuali.
La considerazione più importante che si può fare è che inevitabilmente l’intelligenza artificiale ben presto entrerà a far parte dello strumentario comune di ogni avvocato.

La storia lo insegna: l’umanità ha sempre affrontato ondate di innovazioni, da quando l’uomo ha imparato a controllare il fuoco, passando per la rivoluzione industriale fino ad arrivare all’era digitale.
Una costante è sempre stata che il progresso tecnologico inevitabilmente ridefinisce il nostro modo di vivere ed interagire con il mondo.
Resistere al cambiamento è come tentare di arrestare un fiume in piena: la forza del progresso è semplicemente troppo potente per essere fermata, soprattutto in un contesto globalizzato come quello attuale.
Chi tenta di opporsi, oltre a lottare contro una forza inarrestabile, rischia di diventare “obsoleto“, ovvero per dirla in termini meno traumatici, di perdere la propria competitività (pensiamo per esempio il settore fotografico, dove le aziende non hanno saputo adattarsi all’avvento del digitale sono state rapidamente superate).

L’altro pensiero che mi suscita questa particolare ricerca, certamente originale, è che la tecnologia, oltre ad essere inevitabile, non è mai neutra, o meglio neutrale, ma riflette sempre le scelte dell’uomo che, alle sue spalle, la sviluppa.
I suoi effetti dipendono, inoltre, dalle decisioni dei suoi utenti, cioè di ognuno di noi, per cui, in sostanza, l’evoluzione tecnologica non è solo un processo tecnico ma anche un processo sociale. Per questo la tecnologia non può essere rifiutata, ma va studiata, sviluppando un pensiero anche critico su di essa per poi alla fine utilizzarla e allo stesso tempo non farsi utilizzare da essa.

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