Il rinnovato amore per la mia professione

Di notte si affollano nella mia mente. Ciascuno di loro costituisce un ricordo incancellabile. Si tratta delle persone che ho difeso. Persone umane che hanno conservato questa qualità anche e malgrado il delitto. Tra i tanti si è fatto largo il ricordo di una donna. Era imputata di aver ucciso il marito colpendolo alla testa con un’accetta. Un delitto orribile e apparentemente ingiustificabile. La ricordo come se l’avessi davanti agli occhi: piccola, anziana, raggomitolata in uno scialle, i capelli grigi raccolti in una crocchia, parlava un misto di calabrese e di italiano. Vennero sentiti i figli. La loro deposizione contribuì notevolmente a cambiare la situazione. Descrissero un uomo violento, spesso ubriaco, che aveva rovinato la loro vita e quella della loro madre.

Determinante e indimenticabile fu la dichiarazione dell’imputata prima che la Corte entrasse in camera di consiglio. Nel suo linguaggio quasi incomprensibile pregò i giudici di lasciarla in carcere. Giustificò questa richiesta dicendo che per la prima volta in vita sua aveva trovato un po’ di pace e che in carcere stava benissimo in quanto tutti le volevano bene. Mentre parlava notai che alcuni giudici avevano gli occhi lucidi. Con la sentenza le diedero tutte le attenuanti possibili e una pena contenuta nel minimo. Dopo aver scontato la pena uscì dal carcere e venne accolta dall’affetto di tutti i figli. Per un po’ rimasi in disparte. Poi me ne andai senza dire nulla ma con il cuore gonfio di tenerezza e di rinnovato amore per la mia professione.

Chi va in vacanza e chi no

Chi se lo può permettere, va in vacanza. Gli altri restano chiusi in casa. Si avventurano sulle strade nelle prime ore del giorno oppure al tramonto. Tra i pochi rimasti, spiccano gli anziani. Fanno tenerezza. Verrebbe voglia di abbracciarli. Rasentano i palazzi per sfruttare ogni centimetro di ombra. Spesso portano la busta della spesa oppure conducono a spasso un cagnolino dal passo stanco e svogliato . Quello che colpisce è il loro abbigliamento. È improbabile. Sembra appartenere a una linea dedicata soltanto a loro. Dovrebbe proteggerli dal caldo mentre serve a farli sembrare ancora più vecchi. Dai pantaloncini da esploratore spuntano gambe prosciugate dal tempo. Magliette improbabili completano quella che sembra una divisa. Li incontro mentre vado in studio oppure torno dal tribunale. Nel vederli immagino storie di solitudine, di noia, di piccole abitudini e di molti rimpianti. Tornando alle consuete occupazioni, apprezzo maggiormente gli impegni, le ansie che ne derivano, l’amore dei miei familiari, la capacità di immaginare nuovi orizzonti e la voglia di conoscere e approfondire il mondo che mi circonda.

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