La procedura di correzione di errore materiale, ex art. 130 c.p.p. è consentita esclusivamente ove si tratti di rimediare ad una disarmonia tra la formale espressione di una decisione e il suo reale intangibile contenuto, mentre è preclusa ove l’intervento emendativo si risolva nella sostituzione o nella modificazione della decisione già assunta, ancorché questa risulti illogica o intrinsecamente contraddittoria.
A cura di Rocco Gutta’ (Avvocato del foro di Locri e componente del comitato di redazione della Camera Penale di Locri)
Con la decisione in commento la Suprema Corte ricorda che la procedura di cui all’articolo 130 c.p.p. è consentita solo per la correzione delle sentenze, ordinanze e dei decreti inficiati da errori od omissioni che non determinano nullità e la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell’atto, restando preclusa invece, nei casi in cui l’intervento si risolva in una sostituzione o modificazione della decisione già assunta.
Nello specifico, la Corte distrettuale, confermava la sentenza del GUP con la quale l’imputato veniva condannato alla pena della multa, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate poiché ritenuto responsabile del delitto previsto e punito dall’art. 588 c.p.
Con il ricorso per cassazione il ricorrente denuncia che, le motivazioni contenute nella sentenza impugnata non abbiano alcuna relazione con il procedimento riguardante l’imputato, atteso che le stesse farebbero riferimento ad altra fattispecie, ad altro soggetto e a una diversa autorità giudiziaria procedente. Aggiungendo che, nessuna efficacia sanante poteva assumere il provvedimento di correzione emesso in data successiva dalla Corte di appello di Palermo, atteso che il provvedimento di correzione sarebbe stato adottato da giudici diversi da quelli che avevano emesso la sentenza da correggere.
La Corte ha ritenuto fondato il ricorso in quanto la motivazione della sentenza impugnata è stata effettivamente fatta oggetto di una integrale sostituzione utilizzando la procedura prevista dall’art. 130 c.p.p., che ha testualmente fatto riferimento a una correzione/integrazione della sentenza de qua e pertanto la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso alla procedura di correzione materiale quando si concluda, come nel caso di specie, con una sostituzione integrale della parte errata della motivazione con quella corretta: si è infatti al cospetto di una modifica essenziale del provvedimento.
Cass. pen., sez. V, ud. 26 giugno 2024 (dep. 13 settembre 2024), n. 34691
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