È morto il diritto, ve ne siete accorti ? Lo è da tempo ormai e non ho più intenzione di far finta che ci siano delle storielle da raccontare per salvarlo in un modo o nell’altro. Ormai è morto.

Il commento di Michele Bontempi – penalista del Foro di Brescia

È morto quando per un mese i giornalisti hanno invocato il crollo psicologico del compagno di Sharon Verzeni che i carabinieri ben presto avevano capito non c’entrasse nulla con l’omicidio della donna e a carico del quale quindi non avevano fatto filtrare alcuna fuga di notizie (come accade di solito), ma, non ostante questa totale mancanza di sospetto da parte degli investigatori, la stampa locale e nazionale ogni giorno auspicava e premeva affinché il compagno della donna uccisa confessasse cedendo alla pressione, che era la loro pressione, non quella degli investigatori.
Ma ciò che più dà il segno della prepotenza di certa stampa è che quando si è scoperto che il colpevole era un’altro non si sono degnati nè di vergognarsi per aver preparato tutto il repertorio della gogna mediatica verso il designato colpevole perfetto nè, soprattutto, di scusarsi quel minimo. Veramente imbarazzanti !!!
È morto il diritto (soprattutto di difesa) anche di fronte alla vicenda doping di Sinner, dove il più autorevole dei colleghi tennisti Novak Djokovic ha voluto far passare il concetto che Jannik è un privilegiato perché ha potuto essere assistito da bravi avvocati e così evitare la squalifica, come se essere ben difesi fosse appunto un privilegio e non un diritto.
Insomma il diritto, inteso come garanzia contro l’abuso del potere collettivo contro la singola persona, è morto perché di fronte ad una qualsiasi tragedia l’opinione pubblica reagisce con violenza inaudita contro un capro espiatorio anche senza alcun indizio e senza fare una piega quando capisce di aver sbagliato bersaglio; quando il colpevole non si dimostra tale lo etichetta comunque come un privilegiato, secondo la famosa definizione di innocente coniata da Davigo: “un colpevole che l’ha fatta franca” con un tocco in più: grazie a bravi avvocati.
Per concludere trovo davvero sconcertante il titolo e soprattutto quando scrive nell’editoriale di ieri del corriere della sera edizione Bergamo il direttore Riccardo Nisoli “un copione già visto” a proposito del fidanzato di Sharon: “ha dovuto subire la pressione degli inquirenti e della stampa”.

Innanzitutto, gli inquirenti questa volta non c’entrano perché fin da subito non hanno trovato alcun elemento per sospettare di lui, ma poi perché dire che “ha dovuto subire la pressione della stampa”, da dove deriverebbe questa forza sconosciuta che induce la stampa a sottoporre al tritacarne mediatico il primo malcapitato senza alcun ritegno?
La risposta sta nel titolo che ho dato a questo post: la morte del diritto.

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