(Avv. Prof. Paolo Carnuccio) – Penalista Foro di Catanzaro

  1. Le disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150 (cd. legge Cartabia), entrate in vigore il 4 aprile 2024 con il decreto legislativo 19 marzo 2024 n. 31, hanno interessato anche la struttura del giudizio abbreviato.

Si tratta di una modifica che attiene alla richiesta del giudizio speciale subordinato all’integrazione probatoria inserita nella precedente riformulazione dell’art. 438 comma 5 del codice di procedura penale a seguito del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150 (cd. legge Cartabia).

 

  1. Nella disciplina previgente, infatti, il quinto comma dell’art. 438 c.p.p. prevedeva che “il giudice dispone il giudizio abbreviato se l’integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili”.

La giurisprudenza di legittimità più volte aveva avuto modo di affermare come il requisito di valutazione della “necessarietà ai fini della decisione” fosse incompatibile e non coincidente con quello più ampio di cui all’art. 190 comma 1 c.p.p. collegato alla pertinenza dei fatti oggetto di accertamento ai fini della decisione di merito e non superfluità della prova[1].

Ciò rendeva molto più stretta la possibilità di conseguire il rito speciale atteso che la prova richiesta condizionata avrebbe comunque dovuto essere integrativa e non sostitutiva rispetto al materiale investigativo già raccolto e reso utilizzabile.

La “necessarietà” intesa, quindi, come indispensabilità per la completezza dell’apparato deliberativo in relazione ad un qualsiasi punto della ricostruzione in fatto ed in diritto ad opera del giudice.

In questa prospettiva, l’integrazione probatoria avrebbe potuto avere solo l’indicazione di mezzi o fonti di prova relativi a temi nuovi o sviluppati in maniera incompleta nelle indagini preliminari.

L’ermeneusi aderente al dettato normativo escludeva la possibilità di considerare integrazione probatoria, nel caso di specie, la richiesta di risentire un testimone già assunto a sommarie informazioni testimoniali durante la fase delle indagini preliminari a meno che la stessa, cosa oltremai complicata da dimostrare, non fosse stata funzionale all’accertamento di fatti che non avevano formato oggetto della pregressa audizione.

Le ragioni che militavano a sostegno di tale impostazione erano che l’integrazione probatoria non poteva risolversi fondamentalmente in una mascherata richiesta di celebrazione del dibattimento nelle forme camerali del rito abbreviato mantenendosi comunque intonsa, tuttalpiù, l’opzione della richiesta nelle forme, e nei modi, del dibattimento.

 

  1. Il decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150 (cd. legge Cartabia) riformulava il comma 5 dell’art. 438 c.p.p. con il seguente “il giudice dispone il giudizio abbreviato se, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili, l’integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e il giudizio abbreviato realizza comunque una economia processuale in relazione ai prevedibili tempi della decisione”.

La ratio dell’intervento risiedeva nella pedissequa applicazione letterale del criterio di delega posto dall’art. 1 comma 10 lett.a) della Legge n. 134/2021, che stabiliva di “modificare le condizioni per l’accoglimento della richiesta di giudizio abbreviato subordinata a un’integrazione probatoria, ai sensi dell’art. 438 comma 5 c.p.p. prevedendo l’ammissione del giudizio abbreviato se l’integrazione risulta necessaria ai fini della decisione e se il procedimento speciale produce un’economia processuale in rapporto ai tempi di svolgimento del giudizio dibattimentale”.

In tale direzione, il giudizio abbreviato subordinato all’integrazione probatoria veniva sensibilmente allargato poiché il nuovo parametro collegato allo svolgimento del giudizio dibattimentale rendeva più agevole la deflazione dei tempi.

Infatti, il giudice come nella normativa previgente, rimanendo comunque fermo il parametro della necessarietà ai fini della decisione, nel valutare l’ammissibilità del giudizio abbreviato condizionato, deve ora tenere in considerazione la compatibilità dell’attività istruttoria richiesta con le ragioni di economia processuale sulla prognosi della durata del segmento istruttorio.

Sicché la ragionevole durata dell’integrazione probatoria richiesta andrà valutata non in relazione ai tempi di definizione del giudizio abbreviato ma al risparmio dello stesso e delle conseguenti energie processuali rispetto alla celebrazione dell’istruttoria dibattimentale.

La Corte costituzionale aveva già considerato tale parametro allorquando nella sentenza n. 115/2001 aveva espressamente stabilito che “la valutazione delle esigenze di economia vada effettuata confrontando i tempi del rito con la durata che questo avrebbe ove si celebrasse l’ordinario giudizio dibattimentale e non con il rito esclusivamente e rigorosamente limitato allo stato degli atti” e che “nelle situazioni in cui è oggettivamente necessario procedere ad una anche consistente integrazione probatoria il giudizio abbreviato si traduce sempre e comunque in una considerevole economia processuale rispetto all’assunzione della prova in dibattimento”

Una totale inversione dei parametri di riferimento: dalla durata del segmento istruttorio alla durata del dibattimento, che determina il giudice verso la reale natura di deflazione del procedimento speciale[2].

Se anche sia necessario risentire il testimone già escusso, oppure richiedere un’integrazione di prova multipla, esse potranno comunque trovare accoglimento purché si dimostri che siano pur sempre inferiori alla previsione dei tempi di svolgimento del giudizio dibattimentale.

I principi espressi dalla giurisprudenza di Legittimità vengono rimessi in discussione alla luce della nuova formulazione del criterio di ammissione del giudizio abbreviato condizionato.

L’economia processuale rispetto ai tempi di svolgimento dell’istruttoria dibattimentale è un criterio che dovrà essere congruamente sindacato ed adeguatamente motivato.

La chiave di lettura, anche al fine di respingere le avanzate critiche ad una riformulazione della disposizione che sembrerebbe non aver cambiato nulla manifestando unicamente “un filtro a maglie quanto mai larghe, quasi inesistenti” [3], la si deve ricercare nella specificità della valutazione del parametro della prognosi sulla durata dei tempi del dibattimento.

La considerazione secondo la quale la durata dello svolgimento dell’integrazione probatoria richiesta sia ovviamente più breve rispetto alla durata del tempo del dibattimento non deve rappresentare la dissoluzione del criterio ai fini della valutazione del giudice.

Così procedendo, su tale sfumata visione di prospettiva, la decisione sarà sempre quella di negare la concreta possibilità dell’ammissione al giudizio abbreviato subordinato.

Ma nella ratio della disposizione riformata dal decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150 (cd. legge Cartabia), al netto della mera codificazione dei principi della Legge delega e della Corte Costituzionale, vi si ritrova (sebbene implicitamente) l’esigenza di rendere sempre più attuabile tale opzione allargando lo spettro di applicabilità.

L’intero meccanismo dei riti speciali, quindi anche il giudizio abbreviato, nella specie subordinato, viene sottoposto a un attento vaglio in ordine alle sue capacità deflattive.

La genesi di una nuova valutazione da parte del giudice, ancorata ad un ulteriore parametro quale quello dei tempi del dibattimento, quantunque non perfettamente allineata all’ottimizzazione dell’esigenza della piena deflazione, costituisce sempre un approdo orientato alla migliore valorizzazione dell’istituto, da non scartare aprioristicamente con posizioni di netto rifiuto.

 

  1. Il decreto legislativo 19 marzo 2024 n. 31 recante le disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150 (cd. legge Cartabia), entrato in vigore il 4 aprile 2024, modifica ulteriormente l’art. 438 comma 5 c.p.p. disponendo che “il giudice dispone il giudizio abbreviato se, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili, l’integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e il giudizio abbreviato realizza comunque una economia processuale in relazione all’istruzione dibattimentale”.

L’intervento legislativo è rivolto a dare maggiore effettività all’istituto ed ampliare i confini di applicabilità rendendo più largo l’oggetto della valutazione nel senso che il giudice dovrà valutare il profilo dell’economia processuale della scelta del rito rispetto alla maggiore complessità del dibattimento e non solo rispetto ai prevedibili tempi dell’istruzione[4].

La riforma modifica nuovamente l’ambito valutativo del giudice, e la sostituzione delle parole “ai prevedibili tempi dell’istruzione” con quelle “all’istruzione” appare definitivamente collegare il perimetro di analisi alla complessiva istruzione probatoria del dibattimento, riallineandosi in tale maniera sempre alla sentenza della Corte costituzionale n. 115/2001[5].

L’effetto immediato è quello di estendere la possibilità dell’accesso al giudizio abbreviato condizionato giacché la valutazione non è più limitata alla porzione prognostica dei prevedibili tempi dell’istruzione quanto alla complessiva istruzione dibattimentale.

Tuttavia la nozione della maggiore complessità del dibattimento reca con sé delle inevitabili critiche giacché lo stesso contenuto: o si assume come un tratto costante legato all’assunzione di tutte le prove nel contraddittorio, ed allora diviene un dato indefettibile del dibattimento, oppure resta una nozione indeterminata nella sua portata selettiva[6].

Il nodo della questione appare l’ammissione (scontata) del giudizio abbreviato subordinato sul presupposto della genericità del parametro della complessità dell’istruzione dibattimentale.

Ciò produrrebbe l’effetto opposto (paradosso) di ingolfare le udienze preliminari, e quelle pre-dibattimentali, con attività istruttorie integrative richieste nel giudizio speciale.

La soluzione ermeneutica più aderente alla ratio legislativa sarebbe quella di accettare la modifica legislativa senza preconcetti negativi e di cercare di proporre un orientamento equilibrato che tenga conto di tutti i criteri della disposizione codicistica.

Sfrondata, pertanto, da critiche recalcitranti talvolta dovute a mancate soggettive riformulazioni, il novellato quinto comma dell’art. 438 del codice di procedura penale necessita di essere applicato in maniera adeguata alla composita valutazione da parte di giudice.

Il bilanciamento dei parametri della “necessarietà ai fini della decisione” e quello “dell’economia processuale in relazione all’istruzione dibattimentale” rappresenta l’unico percorso mediante il quale è possibile cercare di soddisfare l’obiettivo del legislatore.

Il giudice dovrebbe tenere in equilibrio le due valutazioni accompagnandole da precise indicazioni motivazionali nel contenuto dell’ordinanza decisoria.

Solo in questo modo sarà possibile ridare equilibrio all’opzione subordinata del giudizio abbreviato che, allo stato, sembrerebbe apparire solo ed unicamente il mero tentativo difensivo (alquanto suggestivo) di ottenere la diminuzione della pena mediante un dibattimento in camera di consiglio.

E che, infine, ciò sia veramente collidente con quanto esistente nelle intenzioni del legislatore, lo si percepisce nella ulteriore modifica dell’articolo 438 comma 6 ter c.p.p.[7], che prevede la possibilità della riproposizione della richiesta di giudizio abbreviato subordinato al supplemento istruttorio prima dell’apertura del dibattimento qualora la stessa sia stata precedentemente dichiarata inammissibile o rigettata da parte del Giudice dell’Udienza Preliminare.

La finalità, ancora una volta, è quella di favorire la deflazione del sistema processuale mediante il recupero del procedimento speciale nella fase dibattimentale.

Il nuovo giudizio abbreviato condizionato, pertanto, alla luce delle modifiche apportate dalle disposizioni integrative e correttive dalla riforma cd. Cartabia, impone un richiamo alla corretta ermeneusi della ratio legis nella più ampia aderenza ai principi costituzionali ed ai necessari obblighi motivazionali.

___________________

NOTE:

 [1] cfr. Cass. pen. Sez. Un. 44711/2004, laddove in tema di giudizio abbreviato la prova sollecitata dall’imputato con la richiesta condizionata di accesso al rito, che deve essere integrativa e non sostitutiva rispetto al materiale già raccolto ed utilizzabile, può considerarsi necessaria quando risulta indispensabile ai fini di un solido e decisivo supporto logico-valutativo per la deliberazione in merito ad un qualsiasi aspetto della regiudicanda; si veda A. CIGLIONI, Rigetto della richiesta condizionata di giudizio abbreviato e sindacato del giudice dibattimentale, in Giurisprudenza Italiana, 2006 pagg. 1947 e segg.; G. LEO, Con l’intervento delle Sezioni Unite evitati nuovi incidenti di costituzionalità, in Guida al Diritto n. 49, pagg. 78 e segg.; P. SPAGNOLO, Note minime in tema di giudizio abbreviato condizionato: prova necessaria, legalità della pena, oneri dell’imputato, in Cassazione Penale, 2005, pagg. 358 e segg.

 

[2] Di parere opposto l’Unione delle Camere Penali italiane secondo cui l’intervento della Legge 134/2021 sui riti speciali è “assai deludente” rilevando “drastico il ridimensionamento della originaria idea di potenziare il giudizio abbreviato condizionato che sostanzialmente riporta la regola per la sua ammissione all’attuale e del tutto esiziale criterio di economicità del rito speciale richiesto, così vanificando le comuni indicazioni provenienti da Magistratura ed Avvocatura in sede di consultazioni che avevano proposto per l’ammissione del rito il criterio della decisività e della pertinenza della prova indicata”  (cfr. www.unionecamerepenaliitaliane.it), e B. NACAR, Riforma Cartabia e riti alternativi, in Diritto Penale e Processo, 2023 n. 1, secondo la quale la riscrittura “risulta piuttosto funzionale a recepire la pronuncia della Consulta (Corte cost n. 115 del 2001) la quale aveva già chiarito che, rispetto al dibattimento, il risparmio di tempo v’è sempre perché l’istruttoria è integrativa e non sostitutiva degli atti di indagine e poiché le prove sono assunte nelle forme semplificate dell’art, 422 c.p.p. e così “nelle situazioni in cui è oggettivamente necessario procedere ad una anche consistente integrazione probatoria non importa se chiesta dall’imputato o disposta d’ufficio dal giudice, il giudizio abbreviato si traduce sempre e comunque in una considerevole economia processuale rispetto all’assunzione della prova in dibattimento: chiedendo il giudizio abbreviato e rinunciando conseguentemente all’istruzione dibattimentale, l’imputato accetta che gli atti assunti nel corso delle indagini preliminari vengano utilizzati come prova e che gli atti oggetto dell’eventuale integrazione probatoria siano acquisiti mediante le forme previste dall’art. 422 commi 2, 3 e 4 c.p.p. espressamente richiamate dall’art. 441 comma 6 c.p.p. così da evitare la più onerosa formazione della prova in dibattimento infine presta il consenso ad essere giudicato dal giudice monocratico dell’udienza preliminare”

[3] Così GIALUZ-DELLA TORRE, Il progetto governativo di riforma della giustizia penale approda alla camera, per avere processi rapidi (e giusti) serve un cambio di passo, in www.sistemapenale.it n.4/2020.

[4] Si veda Relazione Illustrativa al D.Lgs 19 marzo 2024 n. 31, pag. 27, e la posizione di G. DE MARZO, Le modifiche di diritto penale e processual-penale alla riforma Cartabia, in Foro italiano, 2023, n. 11

[5] In questo senso si noti R. BRICCHETTI, Abbreviato; sconto anche d’ufficio se la sentenza non viene impugnata, in Guida al Diritto, 2024, n. 13 pagg. 99 e segg.

[6] Cfr. ancora G. DE MARZO, Le modifiche di diritto penale e processual-penale alla riforma Cartabia, in Foro italiano, 2023, n. 11 secondo cui la razionalità dell’istituto nella sua permanente logica premiale correlata all’economia costituzionale resta affidata ai rilievi a) che il riferimento sulla valutazione degli atti già acquisiti lascia inalterata l’esigenza di apprezzare il carattere integrativo e non meramente sostitutivo del materiale utilizzabile ai fini della decisione; che in questi termini l’integrazione dovrà rispondere ai requisiti di necessità ai fini della decisione, nel senso che deve farsi riferimento ad un titolo specifico della prova più stringente di quella previsa dai tradizionali requisiti di pertinenza/rilevanza e non superfluità previsti dall’art. 190 c.p.p. (Cass. pen. Sez. Un. 44711/2004)

 

[7] Come modificato dall’art. 24 comma 1 lett. a) n. 3 del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150 (cd. legge Cartabia).

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