Pregate il cielo di non finire nelle mani del tribunale di Locri (da: L’Unita del 30 aprile – di Angela Nocioni)

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IL COMMENTO:

Se fosse vero sarebbe gravissimo ma l’elenco di atti al limite del persecutorio nei confronti di una giovane ragazza e mamma che deve confrontarsi con l’accusa quasi surreale di essere una scafista ci porta ad un atteggiamento di estrema cautela verso questo che – comunque – ha tutta l’aria di essere un pesante attacco all’amministrazione della giustizia a Locri, sferrato come una bomba ad orologeria.
Piuttosto, questa notizia o meglio la modalità sensazionalistica di riportarla alla cittadinanza – a partire dal titolo “pregate il cielo di non finire nelle mani del tribunale di Locri” – è per noi penalisti iscritti all’Unione delle Camere Penali, che siamo trasversali per natura, l’occasione per invitare tutti, a partire dai colleghi avvocati appunto, ad una riflessione sul modo di porsi nei confronti dei Media.
Maneggiamo informazioni sensibili, spesso coperte dalla riservatezza e dal segreto investigativo, e noi per primi non dobbiamo cadere nell’errore di sfruttare gli organi di informazione per riportare alla ribalta notizie sensazionalistiche, alla base delle quali magari ci sono anche valide ed ottime ragioni da difendere, ma che riportate in modo così esasperato, rischiano di confondere e in qualche modo pilotare il giudizio che può farsi l’opinione pubblica di un certo fenomeno. È vero che il più delle volte siamo noi e i nostri assistiti a subire gli effetti nefasti della pubblica gogna ma questo non ci legittima ad usare lo stesso metodo perché è proprio il metodo ad essere sbagliato: non fornisce un servizio corretto alla informazione della cittadinanza. Applicare la regola “chi la fa l’aspetti” rischia solo di alimentare questo “mostro” del processo mediatico che rappresenta un gravissimo male da cui è affetta specialmente e sempre di più negli ultimi anni, la giustizia, quella vera delle aule dei tribunali.