Il Commento di Michele Bontempi
NESSUNO TOCCHI CAINO – NEWS FLASH
ELOGIO DI UNA GALERA, QUELLA DI SPOLETO, DAL PUNTO DI VISTA DI UN ARCHITETTO ( di Cesare Burdese)
Nel 1974 l’architetto Sergio Lenci progettava il carcere di Spoleto, che ancora oggi è un esempio di architettura in funzione dell’umanizzazione del carcere per mantenere un livello accettabile di dignità alla vita detentiva.
Queste erano – già 50 anni fa – le caratteristiche di fondo della tecnica costruttiva.
1) La disposizione e la varietà delle costruzioni le facevano sembrare un quartiere urbano, anziché una caserma militare.
2) Le aree esterne attorno agli edifici erano prati (anziché cemento) e gli alberi erano regolati e curati da “giardinieri” (impiegati fra i detenuti stessi).
3) All’interno delle sezioni i corridoi erano luminosi e le stanze erano dotate di vere finestre, come quelle delle case normali, senza fitte grate che creano l’effetto opposto.
4) La maggior parte delle celle erano singole e come tali venivano utilizzate, a tutela della privacy.
Fu una breve stagione durata fino ai primi anni 70 finché gli “anni di piombo” e l’avvento della “criminalità organizzata” portarono il Ministero della Giustizia a rinunciare alla creatività degli architetti “esterni” e a elaborare per conto proprio gli edifici secondo i più classici schemi repressivi, esclusivamente incentrati sulla sicurezza, realizzando così padiglioni tutti uguali e disumani.
In questo modo si è persa la memoria di quella “architettura” illuminata per umanizzare la pena e, negli anni successivi e sino ai giorni nostri, si sono costruite carceri concepite – strutturalmente – come luoghi di custodia di cose inanimate, più che destinati ad accogliere esseri umani.
Oggi, pare che la progettazione degli edifici carcerari continui a essere in mano a tecnici del Ministero, mentre la triste attualità, che vede crescere il numero dei suicidi negli ultimi e soprattuto nell’ultimo anno, reclama a gran voce una nuova stagione, per umanizzare il carcere e per superarlo anche grazie all’Architettura, che può mettersi al servizio, oltre che dell”efficienza, anche della dignità della vita degli ultimi. Non abbiamo bisogno di nuovi istituti di pena, ma occorre lavorare sugli esistenti. In una parola: ripensare grazie all’architettura alla qualità degli spazi.
Visto che ieri il Ministro Nordio ha rilasciato l’ennesima intervista, questa volta sul quotidiano cattolico Avvenire, dichiarando che “le carceri sono una priorità assoluta”, aggiungendo che “la visita di Papa Francesco ci sprona a fare di più e meglio”, sarebbe utile sapere cosa intenda per “priorità assoluta”.
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