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La Seconda Sezione, occupatasi della questione afferente il raggiungimento, in sede di patteggiamento, non solo di un accordo sulla pena, ma, anche, sulla natura della pena sostituiva da applicare all’imputato (in caso di pene al di sotto degli anni 4 di reclusione) ha rilevato che “è inammissibile il ricorso per cassazione presentato avverso una sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. al fine di denunciare la violazione dell’art. 545-bis cod. proc. pen. ovvero l’omessa motivazione in ordine alla mancata sostituzione della pena detentiva breve con alcuna delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, quando tale sostituzione non sia contenuta nell’accordo processuale”.

La Suprema Corte, con la pronuncia in esame, dichiarava la inammissibilità di un ricorso presentato avverso una sentenza emessa, ex art. 444 c.p.p., dal G.I.P. presso il Tribunale di Nocera Inferiore.

Il ricorrente lamentava mancanza di motivazione in relazione:

  • alla sussistenza di cause di proscioglimento non valutate dal giudice di primo grado;
  • alla sussistenza di un rapporto di specialità (non considerato esistente dal decidente) tra tentativo di estorsione e maltrattamenti in famiglia;
  • alla mancata applicazione di una pena sostitutiva rispetto alla disposta pena detentiva breve in violazione, pertanto, della norma contenuta nell’art. 545-bis c.p.p.

Preliminarmente, devesi evidenziare che la Seconda Sezione ha ribadito che “in tema di patteggiamento, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod., atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate (Sez. 6, Sentenza n. 1032 del 07/11/2019 Cc. -dep. 13/01/2020-, Pierri, Rv. 278337 – 01)”.

Ancora, con riferimento all’eccepita sussistenza di un rapporto di specialità tra il tentativo di estorsione e il reato di maltrattamenti in famiglia, il Supremo Collegio ha ricordato come, in caso di emissione di una sentenza ex art. 444 c.p.p., la possibilità di ricorrere per Cassazione, al fine di dedurre la erronea qualificazione giuridica del fatto, è possibile solo nel caso in cui il giudice competente sia incorso in un manifesto errore.

Di tal che, l’errore in questione deve essere il frutto di una “eccentrica” qualificazione giuridica del fatto e il riferito errore deve, pertanto, emergere in modo indiscusso “e senza margini di opinabilità”.

Infine, con riguardo alla asserita violazione della norma contenuta nell’art. 545-bis c.p.p., la Suprema Corte ha rilevato come le modifiche introdotte all’art. 444, comma 1, c.p.p. – a seguito della entrata in vigore in data 30 dicembre 2022 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 – sono intervenute in epoca successiva alla emissione della sentenza resa dal G.I.P. presso il Tribunale di Nocera Inferiore posto che la decisione era stata emessa in data 20.10.2023.

Nel caso di specie, devesi rilevare l’assenza del raggiungimento di un accordo fra le parti in ordine alla pena sostitutiva potenzialmente applicabile al ricorrente.

Difatti, il giudice del patteggiamento, a fronte dell’ampia valutazione concessagli dalla norma contenuta nell’art. 444 c.p.p., può applicare all’imputato la pena sostitutiva concordata dalle parti.

È, pero, essenziale che le stesse ne abbiano specificamente indicato prescrizione e obblighi.

È pur vero che il giudice del patteggiamento può anche sospendere il processo e rinviare ad altra udienza, dandone avviso alle parti e all’ U.E.P.E in modo da determinare la pena sostitutiva in tutte le sue forme.

Di tal che, il potere in capo al giudice del patteggiamento di disporre la sostituzione delle pene detentive brevi (entro il limite dei 4 anni di reclusione) è esercitabile solo se la predetta sostituzione sia stata oggetto di accordo processuale tra le parti.

La ratio di tale norma si fonda sul fatto che “la soluzione adottata dal legislatore appare coerente con il diverso meccanismo di determinazione del trattamento sanzionatorio nel rito ordinario e in quello del patteggiamento. Nel primo caso, infatti, solo a seguito della lettura del dispositivo, l’imputato può conoscere l’entità della pena e valutare se acconsentire o meno alla sua sostituzione con una pena diversa da quella pecuniaria (art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen.). In caso di patteggiamento, la logica è esattamente inversa e, poiché le parti già conoscono la pena detentiva che sarà applicata, il legislatore richiede che la sua sostituzione sia già inclusa nel patto processuale», (Cass. Sez. 6 -, Ordinanza n. 30767 del 28/04/2023, Lombardo, Rv. 284978)”.

Sulla scorta delle superiori considerazioni, la Seconda Sezione ha conclusivamente argomentato affermando che “è inammissibile il ricorso per cassazione presentato avverso una sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. al fine di denunciare la violazione dell’art. 545-bis cod. proc. pen. ovvero l’omessa motivazione in ordine alla mancata sostituzione della pena detentiva breve con alcuna delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, quando tale sostituzione non sia contenuta nell’accordo processuale”.

 

Cass. pen., sez. II, ud. 15 gennaio 2024 (dep. 1 marzo 2024), n. 8990

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