Il Commento di Michele Bontempi
Si stanno moltiplicando le indagini della Procura di Milano a carico dell’amministrazione comunale in tema di appalti di opere pubbliche. Indagini che spesso o la Cassazione finisce per bocciare o si concludono con un proscioglimento a processo con un bel arrivederci e grazie per gli imputati coinvolti nel tritacarne della gogna pubblica (dimissioni, ostracismo e prese di distanza verso i sospettati sono d’obbligo nel nostro paese).
Questo “braccio di ferro” fra Procura e Comune in una città dalla grande immagine (anche internazionale) – al di là del merito delle singole vicende in corso, sul quale evidentemente non ci si esprime – mette in luce due problemi di difficile equilibrio nei rapporti fra poteri dello Stato: 1) l’egemonia della giustizia penale sulla giustizia amministrativa, che dovrebbe invece essere chiamata in primis a giudicare dell’attività degli enti pubblici e 2) la interpretazione in malam partem e in termini di sospetta illiceità di ogni rapporto di interazione fra gli apparati pubblici e il tessuto sociale, di cui una fondamentale componente è rappresentato dall’imprenditoria privata. Mentre, per il bene comune, i rapporti di collaborazione fra pubblico e privato dovrebbero essere letti sotto la lente di ingrandimento della presunzione di buona fede nel perseguimento degli obiettivi della pubblica utilità e dell’interesse privato, che non sono necessariamente antitetici.
Più che l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, molto più sommessamente, auspichiamo un indirizzo di indagine che superi finalmente il pregiudizio verso le persone che operano nella società, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato.
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