In tema di rinvio pregiudiziale per la decisione sulla competenza territoriale ex art. 24-bis c.p.p., la Corte di cassazione, pur non operando in qualità di giudice dell’impugnazione e non dovendosi attenere, pertanto, all’osservanza dei limiti connaturali al principio della domanda, è vincolata, quanto all’ampiezza della sua cognizione, agli atti che il giudice remittente ha ritenuto necessario trasmetterle, atteso che l’esercizio di un eventuale potere di integrazione della provvista informativa disponibile si porrebbe in contrasto con l’esigenza di speditezza del procedimento incidentale.
La Corte muove dalla preliminare considerazione che il riscontro, nell’ambito della disciplina dettata dall’art. 24-bis cod. proc. pen., dell’assenza di una disposizione, analoga a quella di cui 32, comma 1, cod. proc. pen. – che disciplina la risoluzione dei conflitti di competenza e di giurisdizione -, che consenta alla Corte di legittimità, investita della questione concernente la competenza territoriale, di «assumere le informazioni e acquisire gli atti e i documenti ritenuti necessari», e, anzi, la previsione (contenuta nel comma 2 dell’art. 24-bis cod. proc. pen.) dell’obbligo da parte del giudice rimettente di trasmettere, assieme al provvedimento, «gli atti necessari alla risoluzione della questione» (art. 24-bis, comma 2, cod. proc. pen.) inducono a ritenere che la Corte di cassazione, pur non operando quale giudice dell’impugnazione – e, quindi, non dovendosi attenere, sotto il profilo oggettivo, all’osservanza dei limiti connaturati al “principio della domanda” -, sia vincolata, quanto all’ampiezza della sua cognizione, agli atti che il giudice rimettente ha ritenuto necessario trasmettergli. L’esercizio di un eventuale potere d’integrazione della provvista informativa disponibile, invero, si porrebbe in contrasto con l’esigenza di speditezza del procedimento incidentale, come delineato dall’art. 24- bis cod. proc. pen.: ciò comporta che la decisione da parte del giudice di legittimità sulla questione della competenza territoriale, rimessagli ai sensi della norma citata, sia condizionata dall’ampiezza delle conoscenze offerte dal giudice remittente.
La competenza territoriale in ordine al reato di cui all’art. 185, comma 1, d.lgs. n. 58 del 1998, sub A) – delitto più grave per cui si procede, in considerazione del raddoppio della pena per esso comminata stabilito dall’art. 39, comma 1, I. n. 262 del 2005, e che attrae ex art. 16 cod. proc. pen. gli ulteriori reati contestati nell’ambito del procedimento penale n. 12955/2021 R.G. – deve ritenersi radicata, secondo la Suprema Corte, nel Tribunale di Roma, avendo assunto in tale luogo la condotta contestata, ossia quella di «diffusione di notizie false» circa la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della (omissis) Spa., connotati di concreta lesività, manifestando la sua pericolosità per il normale corso dei relativi titoli azionari.
Invero, il delitto di aggiotaggio informativo è reato di mera condotta, che si consuma nel momento in cui ha luogo la diffusione della notizia falsa e in riferimento alla quale deve essere valutata la sua idoneità a produrre concretamente effetti distorsivi del mercato (Sez. 5, n. 40393 del 20/06/2012, Rv. 253361): perciò, perfezionandosi il detto reato nel momento in cui la notizia foriera di scompenso valutativo del titolo esce dalla sfera dell’autore della condotta, la competenza territoriale si radica nel luogo in cui si è consumata la prima diffusione della notizia medesima (Sez. 5, n. 28932 del 04/05/2011, Rv. 253755).
In proposito, la Corte ha spiegato che il delitto previsto dall’art. 185 T.U.F., oltre ad essere un reato di mera condotta, è reato di pericolo concreto: dunque, l’idoneità lesiva della condotta deve essere accertata sulla base del criterio della prognosi postuma, ossia verificando se, con riferimento all’intera platea degli investitori, gli effetti decettivi dei fatti comunicativi, prevedibili in concreto ed “ex ante”, siano stati potenzialmente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di mercato del titolo rispetto a quello determinato in un corretto processo di formazione dello stesso (Sez. 5, n. 53437 del 19/10/2018, Rv. 275134). Ciò comporta che, per la realizzazione del delitto di manipolazione del mercato, non è sufficiente la diffusione di notizie false, ma è necessario altresì che la stessa sia concretamente idonea a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari (Sez. 6, n. 15199 del 16/03/2006, in motivazione): e proprio in tale idoneità consiste la messa in pericolo dell’interesse tutelato, costituito dal corretto ed efficiente andamento del mercato al fine di garantire che il prezzo del titolo nelle relative transazioni rifletta il suo valore reale e non venga influenzato da atti o fatti artificiosi o fraudolenti (Sez. 1, n. 45347 del 06/05/2015, Rv. 265397).
L’applicazione di tali condivisi principi determina, sul versante specifico degli accertamenti richiesti ai fini della determinazione del momento consumativo del reato, che “la verifica del requisito di “idoneità” della falsa notizia a produrre gli effetti distorsivi sul mercato finanziario sia attuata, bensì, in termini di concretezza come impone la norma, ma abbia comunque il suo riferimento cronologico al momento terminale del comportamento commissivo sub iudice” (così, Sez. 5, n. 40393 del 20/06/2012, in motivazione), ossia, al momento in cui viene portata a termine la sequenza di atti integranti l’azione vietata (Sez. 5, n. 49362 del 07/12/2012, Rv. 254063). In effetti, sia che si verta in materia di manipolazione informativa, sia che si verta in materia di manipolazione operativa – trattandosi di condotte considerate in via alternativa dall’art. 185 d.lgs. n. 58 del 1998 -, “la condotta delittuosa del manipolatore che opera sul mercato regolamentato diviene oggettivamente percepibile ed è in grado di esplicare la capacità decettiva solo quando si manifesta” sul mercato o per il mercato (Sez. 2, n. 12989 del 28/11/2012, dep. 2013, in motivazione), senza, tuttavia, che sia necessario il verificarsi di tale evento naturalistico (Sez. 5, n. 54300 del 14/09/2017, Rv. 272083), dovendosi salvaguardare nel delitto di cui all’art. 185 d.lgs. n. 58 del 1998 la natura di fattispecie di pericolo, ancorché concreto, e non di danno.
Dunque, in caso di manipolazione informativa, la comunicazione mendace realizza la sua potenzialità lesiva non prima di essere giunta al luogo di diffusione delle informazioni in grado di incidere sul mercato dei titoli: “non basta, in altre parole, che il comunicato stampa esca dalla sfera di controllo dell’emittente; esso deve, per essere un “comunicato”, giungere, cioè, a destinazione” (Sez. 2, n. 12989/2013, cit.). E giungere a destinazione non significa avvenuta percezione o ricezione della comunicazione mendace da parte dei potenziali investitori nel titolo, ma solo che la sequenza degli atti che assicura la successiva conoscenza del comunicato mediante la diffusione è pervenuta a compimento. Ciò in linea con la natura di reato di pericolo concreto dell’aggiotaggio informativo, che realizza la propria idoneità lesiva rispetto al corretto ed efficiente andamento del mercato del titolo non appena le notizie, che siano in grado di alterarne in maniera apprezzabile il prezzo, diventino oggettivamente percepibili dagli operatori del mercato stesso.
Pertanto, il luogo di consumazione del reato di aggiotaggio informativo va individuato in quello in cui si è verificata la prima “diffusione” delle notizie false, questo inteso come quello in cui la condotta ha assunto connotati di concreta lesività, manifestando, attraverso l’oggettiva percepibilità delle notizie false, la sua pericolosità per il normale corso dei titoli cui esse si riferiscono.
Ne viene che, non essendo determinabile il luogo in cui l’informazione regolamentata che occupa è divenuta accessibile ai ‘media’, che segna il momento di ‘prima diffusione’ della stessa e coincide con il momento consumativo del reato di aggiotaggio informativo di cui al capo A) della rubrica alla stregua del disposto di cui all’art. 8, comma 1, cod. proc. pen., occorre fare applicazione, ai fini della determinazione della competenza territoriale, della regola suppletiva di cui all’art. 9, comma 1, cod. proc. pen., avendo riguardo “all’ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione”: dunque, al luogo, ossia in Roma, in cui è ubicato il ‘data server’, nel quale il comunicato stampa, emesso dalla (omissis) Spa. in data 20 settembre, è giunto in pari data alle ore 18.49,13 per essere ‘stoccato’ e reso effettivamente «accessibile al pubblico» attraverso connessione da remoto al sito www.linfo.it., ivi essendosi consolidata la concreta idoneità lesiva delle informazioni in esso contenute rispetto alla regolarità delle negoziazioni del titolo interessato sul mercato mobiliare. Nessuna rilevanza – giova precisarlo – può essere riconosciuta, ai fini della determinazione della competenza territoriale, al luogo del “rinvio” del documento, essendo pacificamente emerso dalle indagini che lo stesso, all’atto di essere inserito nel sistema ‘SDIR”1INFO’ – gestito da un ente terzo autorizzato dalla Consob – era stato crittografato per esigenze di sicurezza del sistema medesimo (cfr. punto 3.4. dell’Allegato tecnico 31 al Regolamento emittenti:« Uno SDIR deve possedere adeguati sistemi e controlli che minimizzino il rischio di manomissione dei dati nel processo di immissione degli stessi. Al fine di perseguire tale obbiettivo le informazioni trasmesse dall’utilizzatore allo SDIR devono viaggiare in forma cifrata; il testo pubblicato deve essere reso non modificabile attraverso un processo di firma digitale»), così che il relativo contenuto non era materialmente accessibile da parte di nessuno.
Nel caso di specie, oltretutto, è decisivo il rilievo che, secondo la disciplina vigente, alla diffusione delle informazioni regolamentate la (omissis) Spa non avrebbe potuto altrimenti provvedere se non valendosi di uno ‘SDIR’ autorizzato dalla Consob ovvero – ma non è stata questa la modalità in concreto prescelta – di un sistema gestito in proprio ma conforme ai requisiti tecnici, stabiliti nell’Allegato 31 al “Regolamento Emittenti”.
Cass. Pen. sez. V del 6 settembre ( dep. 27 ottobre) 2023 n. 43638
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