La quaestio iuris, sottoposta all’attenzione della Corte di Cassazione, ha avuto a oggetto quello di stabilire se il giudice del rinvio sia dotato o meno del potere di procedere – in caso di emissione di una sentenza di annullamento con rinvio per violazione di norme processuali (così come previsto dalla norma contenuta nell’art. 606 comma I lett. c) c.p.p.) – alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ai fini di assunzione di prove rilevanti.
Nel caso di specie, il Supremo Collegio aveva disposto un primo annullamento con rinvio “ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.” attesa la “accertata inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia S. M. in altro procedimento e acquisite in violazione dell‘art. 238 cod. proc. pen.” posto che, inizialmente, la Corte di Appello di Bologna (la cui sentenza è stata, in origine, annullata) non aveva assunto in udienza le dichiarazioni del collaboratore di giustizia – rese, dallo stesso, in altro procedimento – procedendo alla loro acquisizione e utilizzazione senza il consenso dell’imputato.
Pertanto, la Corte di Cassazione, con la sentenza di annullamento, dichiarava la inutilizzabilità delle dichiarazioni in questione disponendo il rinvio per “verificare “il peso” di dette dichiarazioni e la portata del materiale probatorio residuo al fine del giudizio di responsabilità”.
In sede di giudizio di rinvio, la Corte di Appello disponeva, su richiesta di parte, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, assumeva le dichiarazioni del collaboratore di giustizia e le utilizzava per fondare il giudizio di penale responsabilità nei confronti dell’imputato.
Il ricorrente, tramite ricorso per Cassazione, lamentava la violazione della norma contenute nell’art. art. 627 c.p.p. e, specificamente, rappresentava:
- che la Corte di Appello (quale giudice del rinvio) aveva “disposto l’audizione del collaboratore di giustizia ritenendola prova nuova necessaria”;
- che “la Corte di Cassazione, con la sentenza di annullamento, non (aveva) mai fatto riferimento alla possibilità di un “recupero” delle dichiarazioni” del collaboratore di giustizia “con modalità differenti da quelle censurate”;
- che “la Corte di appello (…) avrebbe dovuto valutare la colpevolezza dell’imputato escludendo le dichiarazioni dichiarate inutilizzabili ed operando “solo” una prova di resistenza”;
- che, pertanto, il giudice del rinvio “avrebbe dovuto formare il suo convincimento solo nell’ambito della valutazione delle prove già assunte”.
La Suprema Corte rigettava il ricorso sulla base delle considerazioni, di seguito, indicate.
In via preliminare, devesi evidenziare che il Supremo Collegio ha sottolineato che il giudice di appello (che abbia proceduto, in sede di rinvio, alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale) “ha … il potere di disporre anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., l’ammissione di nuove prove, atteso che l’art. 627, comma secondo, non costituisce norma derogatoria rispetto a quella ordinaria di cui all’art. 603, comma terzo, cod. proc. pen., riguardante la rinnovazione ufficiosa dell’istruttoria dibattimentale propria del giudizio di appello (Sez. 6, n. 683 del 02/11/2004, dep. 2005, Taurino, Rv. 230654; Sez. 5, n. 15042 del 18/01/2015, Mulè, Rv. 250166)”.
Il ragionamento del Giudice di legittimità prende le mosse dal contenuto della relazione al Progetto definitivo del codice di procedura penale nella parte in cui veniva, testualmente, riportato che “nel giudizio di rinvio riprende pieno vigore il diritto alla prova, senza possibilità per il giudice di negare la rinnovazione ritenendosi in grado di pervenire alla decisione sulla sola base degli atti. Si è voluto cosi evitare che il giudizio di rinvio nei limiti in cui impone una rivalutazione del merito si risolva […] in un giudizio esclusivamente cartolare”.
Il dato superiormente esposto assume decisivo rilievo atteso che il problema di carattere ermeneutico attiene, conseguentemente, alla possibilità di procedere nel giudizio di rinvio, a seguito di emissione di una sentenza di annullamento stante la avvenuta “inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza” (art. 606 comma I lett. c) c.p.p.), alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale nel solo caso in cui “lo richiedano le parti” oppure se trattasi di un potere (quello di rinnovazione dell’istruttoria) del quale è direttamente investito il giudice del rinvio e, pertanto, “attivabile” d’ufficio dal medesimo.
Orbene, la Suprema Corte ha, sul punto, precisato che “la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per l’assunzione di prove rilevanti costituisca un potere di cui il giudice del rinvio dispone” anche nel caso di annullamento con rinvio derivante dalla violazione/inosservanza di norme processuali.
Il giudice del rinvio, procedendo alla rinnovazione dell’istruttoria, può disporre d’ufficio, come previsto dalla norma contenuta nell’art. 507 c.p.p., l’ammissione di prove nuove.
Di tal che, la rituale assunzione delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia “al fine di provare lo stesso fatto in precedenza ritenuto provato attraverso una prova inutilizzabile” ha condotto, ad avviso del Supremo Collegio, alla emissione di una sentenza dichiarativa della penale responsabilità dell’imputato immune da vizi emendabili davanti al Giudice di legittimità.
Cass. Pen., Sez. VI, sent. 36766/2023 del 28/04/2023, dep. il 05/09/2023
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