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Con ordinanza emessa in data 16 gennaio 2023, il Gip del Tribunale di Arezzo convalidava nei confronti di un tifoso l’obbligo di presentazione alla Polizia in occasione di manifestazioni sportive- partite di calcio-, imposto, per la durata di dieci anni quale misura accessoria al precedente provvedimento Daspo emesso dalla Questura. Il Tribunale, in applicazione dell’art 6, comma 5 della L. n. 401 del 1989 aveva ritenuto che l’aggravamento dell’obbligo di presentazione era da intendersi legittimata anche sulla base della sola condizione che la stessa sia riferita a “persona già destinataria di Daspo, a prescindere dal fatto che lo stesso sia stato emesso in via giudiziaria o amministrativa”.

Secondo la terza sezione della Suprema Corte, che ha accolto la tesi difensiva, risulta erronea, nell’ipotesi specifica,  l’applicazione dell’art. 6, comma 5 della L. n. 401 del 1989  in forza del quale era stato aggravato l’obbligo di presentazione alla p.g.

La Corte ha precisato che ai fini dell’aggravamento del divieto di accedere ai luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive  mediante aumento della sua durata, è necessario che il soggetto sia stato in precedenza destinatario di un DASPO amministrativo di cui all’art. 6, comma 2, legge 13 dicembre 1989, n. 401, non essendo sufficiente che, a carico del predetto, sia stata precedentemente inflitta, in occasione di una sua condanna, la pena accessoria atipica del DASPO giudiziario, di cui all’art. 6, comma 7 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, trattandosi di provvedimenti, il Daspo amministrativo ed il Daspo giudiziario, fra loro strutturalmente diversi ed indipendenti, e, tali, pertanto, da non potere essere assimilati quanto alle conseguenze da essi derivanti.

In tale senso, dice la Corte, militano, d’altra parte, argomenti sia di carattere testuale che di carattere sistematico.

Un argomento di carattere testuale è dato dall’espresso richiamo contenuto nel comma 5, secondo periodo, dell’art. 6 della L. n. 401del 1989 al “divieto di cui al primo periodo” dello stesso comma, cioè, testualmente, al “divieto di cui al comma 1”, id est quello disposto dal Questore; trattandosi di disposizione incidente in senso limitativo su libertà tutelate a livello costituzionale (la libertà di locomozione -art. 16 Cost.  quanto al divieto di accesso a determinati luoghi e la stessa libertà personale art. 13 Cost.   – quanto all’obbligo di periodica presentazione di fronte agli uffici di Polizia) una sua interpretazione di carattere generalmente analogico (ammesso che sussista tecnicamente un’effettiva analogia fra le due diverse ipotesi di Daspo) in malam partem non pare ammissibile.

Diversi sono, peraltro, anche gli elementi di carattere sistematico che escludono la correttezza della interpretazione normativa omologatrice fatta dal Tribunale; infatti, i presupposti anche naturalistici che giustificano la adozione dei due tipi di Daspo sono fra loro non coincidenti. Ed invero, anche a volere trascurare la diversa fonte di produzione dei due provvedimenti e la diversa collocazione tassonomica delle due tipologie provvedimentali, osserva la Corte che, mentre il Daspo amministrativo è connesso a condotte caratterizzate dalla violenza o comunque dalla messa in pericolo dell’ordine pubblico, il Daspo giudiziario può essere disposto – oltre che nel caso di violazione dei divieti e delle prescrizioni connesse al Daspo amministrativo – anche laddove sia commesso un reato (che deve intendersi di qualsiasi specie, quindi anche non espressivo di un atteggiamento violento o atto a turbare l’ordine pubblico) in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni (si immagini, per intendere la diversa portata della previsione normativa, il soggetto che, approfittando della calca formatasi in tali occasioni, si adoperi per borseggiare le persone a lui prossime).

Altro argomento sistematico è fornito dall’ art. 6 , comma 8-bis, della L. n 401 del 1989, laddove si precisa che, a determinate condizioni, è consentito chiedere al Questore, una volta decorsi tre anni dalla cessazione del divieto di cui al comma 1, che questi dichiari la cessazione degli ulteriori effetti pregiudizievoli derivanti dall’applicazione del medesimo divieto.

Ora, poiché, secondo la tesi fatta propria dal Tribunale fra tali effetti dovrebbe rientrare la possibilità di derogare ai limiti temporali massimi di durata del Daspo anche in caso di preesistente Daspo giudiziario (emesso quindi unitamente alla sentenza di condanna), ci si troverebbe di fronte ad una singolare ipotesi in cui gli effetti di una pronunzia giudiziaria connessa ad una pregressa condanna potrebbero essere posti nel nulla ad opera di un provvedimento non della Autorità giudiziaria ma di quella amministrativa, con conseguente stravolgimento delle ordinarie regole in materia di riparto della competenze fra poteri dello Stato.

Cassazione penale sez. III – 18/04/2023, n. 39131, dep. 26/09/2023.

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