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La revoca, in sede di revisione, della condanna all’ergastolo, unificato a pena detentiva temporanea sostituita, ex art. 72, comma secondo, cod. pen., con l’isolamento diurno che risulti già eseguito, comporta lo scioglimento del cumulo e, in applicazione analogica dell’art. 184, comma primo, cod. pen., la riduzione della metà della pena detentiva determinata per i reati concorrenti diversi da quello punito con la pena perpetua.

Il Procuratore Generale ricorre avverso il provvedimento con il quale la Corte territoriale, in funzione di giudice dell’esecuzione, in applicazione dell’art. 184 primo comma, aveva ridotto della metà la pena di anni ventiquattro relativa ai reati superstiti a seguito della revisione della condanna all’ergastolo con isolamento diurno e, per l’effetto, scarcerato l’imputato.

In particolare il Procuratore Generale lamenta che l’art. 184, primo comma, cod. pen., nel prevedere il dimezzamento della pena già inflitta per i reati concorrenti con l’ergastolo, inasprito con l’isolamento diurna a norma dell’art. 72, secondo comma, cod. pen., alla condizione che la pena perpetua risulti estinta per effetto di amnistia, indulto o grazia, e che l’isolamento risulti scontato, descriverebbe una fattispecie affatto diversa da quella odierna. Né sussisterebbero i presupposti per l’applicazione analogica dell’art. 184, primo comma, cod. pen. al caso in esame.

La Corte nel respingere il ricorso evidenzia innanzitutto che per l’ipotesi di concorso materiale di reati il vigente codice penale ha ripudiato, sul versante sanzionatorio, sia il sistema dell’assorbimento, sia quello dell’indiscriminato cumulo giuridico, ritenuti eccessivamente indulgenti, e si è ispirato ai principi, delineati dagli artt. 73 segg., del cumulo materiale delle pene, seppure temperato attraverso la fissazione di limiti massimi (in assoluto, o in rapporto alla pena più grave), onde evitare «le possibili esorbitanze derivanti dalla addizione aritmetica», ovvero «la trasformazione in pena a durata illimitata, e quindi di fatto perpetua, di pene che dovrebbero avere durata temporanea» (Sez. 1, n. 18119 del 02/03/2010, Cuccuru, Rv. 247068-01).

I principi in esame, da applicare anche in fase esecutiva se non si sia già provveduto con le sentenze di merito, a mente dell’art. 80 cod. pen. e 663 cod. proc. pen., sono però riferiti e riferibili alle sole pene detentive temporanee. Per l’impossibilità, teorica e pratica, di cumulare le pene perpetue, o una pena temporanea con la pena perpetua, nel caso di condanna all’ergastolo vige invece, ai sensi dell’art. 72 cod. pen. (così come riformulato dalla legge 25 novembre 1962, n. 1634), la regola dell’assorbimento, per le pene temporanee minori, ovvero quella della sostituzione con l’isolamento diurno, in caso di altro ergastolo, o di reclusione determinata in misura superiore ai cinque anni (fermo il principio che la pena non può in nessun caso precedere il delitto e che, perciò, il momento cui occorre riferirsi per l’applicazione del criterio moderatore va fissato esclusivamente con riferimento alla data di consumazione dei reato per il quale è stata inflitta la pena dell’ergastolo posta in esecuzione: Sez. 1, n. 3748 del 30/09/1993, Cappai).

L’isolamento diurno, applicato in luogo delle pene previste per i delitti che concorrono con quelli puniti con l’ergastolo, non costituisce dunque una semplice modalità di vita o di disciplina carceraria, ma una sanzione penale specifica, nella quale quella prevista per detti reati si converte per non lasciarli impuniti (Sez. 1, n. 21309 del 21/10/2016, dep. 2017, Raucci, Rv. 270578-01; Sez. 1, n. 20142 del 25/02/2011, Spampinato, Rv. 250235-01; Sez. 1, n. 16400 del 27/02/2007, Stilo, Rv. 236158-01). Stante siffatta esigenza, la razionalità del sistema riposa appunto nel maggior peso sanzionatorio dell’isolamento diurno. Per quanto la misura isolatrice sia stata ritenuta non contraria alle esigenze di umanità e alla funzione rieducativa della pena (v. già Corte Cost., n. 115 del 1964), non è dubitabile che essa rappresenti una sanzione dotata di una afflittività di gran lunga maggiore rispetto alla normale carcerazione, conseguente alle pene della reclusione o dell’ergastolo.

E’ proprio alla luce di tale caratteristica che il legislatore del 1930, pur legato ad una concezione autoritaria e illiberale del diritto penale, non ha potuto tuttavia ignorare la strutturale peculiarità del concorso ex art. 72 cod. pen. e ha avvertito che, in ipotesi di sopravvenuta estinzione della pena dell’ergastolo, sarebbe stato irragionevole non tenere conto, in alcun modo, dell’intensità afflittiva della sanzione dell’isolamento diurno, patito in luogo delle pene temporanee confluite nel cumulo giuridico. Di qui la rilevata necessità, una volta operata, nell’ipotesi data, la conseguente scissione del cumulo suddetto, di regolare la reviviscenza delle pene concorrenti che vi erano confluite, nonché quella di adottare a tale scopo un canone che prescindesse dalla parificazione mera della reclusione e dell’isolamento; e ciò non soltanto per la diversa consistenza delle misure in termini fattuali, ma perché, come detto, è appunto sulla loro differenza qualitativa che riposa il sistema, istituito dall’art. 72 cod. pen., della commutazione delle pene detentive temporanee di lunga durata in periodi estremamente più brevi di isolamento diurno.

È stato così dettato l’art. 184 cod. pen., che, al primo comma, considera specificamente gli effetti che le cause di estinzione della pena dell’ergastolo producono sulle pene detentive temporanee irrogate per i reati concorrenti. Poiché l’ergastolo è imprescrittibile, il legislatore ha inteso concretamente riferirsi alle altre cause codificate, riconducibili , all’esercizio del potere di clemenza, e ha così stabilito che, qualora in seguito ad amnistia (impropria), indulto o grazia l’ergastolo si estingua, la pena temporanea superstite «sia eseguita per intero», ossia senza decurtazione alcuna, a meno che, trattandosi di pena perpetua accompagnata dall’isolamento diurno, quest’ultimo non sia stato totalmente scontato; nel qual caso, dovendo la pena detentiva temporanea concorrente essere «ridotta alla metà», e dovendo considerarsi estinta ove il condannato sia stato detenuto per oltre trent’anni.

L’art. 184 si riferisce, in parte qua, ad un’ipotesi ben determinata di scioglimento del cumulo giuridico ex art. 72, secondo comma, cod. pen., integrata dalla caducazione sopravvenuta della pena perpetua a seguito di atto di clemenza. Ma la ratio, che è sottesa alla riduzione alla metà della pena temporanea per il reato concorrente, allorché il condannato abbia già espiato l’isolamento diurno applicato in sua vece, è la medesima che ne suggerisce l’esportazione al caso odierno, in cui l’ergastolo resta caducato ab origine, e per intero, a seguito di intervenuto proscioglimento, in sede di revisione, dal reato che ne aveva determinato l’applicazione. Ricorre qui, a maggior ragione, l’esigenza di considerare adeguatamente il peso afflittivo di una sanzione tanto dura, e considerevolmente più gravosa della normale detenzione, da essere prevista con il massimo assoluto di soli tre anni (un decimo del massimo previsto per la reclusione).

Il fatto, poi, che non esistano nel codice altri criteri espliciti di ragguaglio, o conversione, riferibili all’isolamento diurno, e che il caso in esame non sia in alcun modo legislativamente disciplinato, legittima senz’altro l’integrazione analogica sollecitata dal condannato, e correttamente avallata dal giudice a quo; integrazione che, in bonam partem, è sempre del resto consentita (come ricorda la giurisprudenza di legittimità in tema di scissione virtuale, per l’accesso ai benefici penitenziari, del cumulo comprendente reati concorrenti ostativi, assorbiti nell’isolamento diurno ex art. 72, secondo comma, cod. pen.: v. da ultimo, Sez. 1, n. 5669 del 08/01/2019, Schiavo, Rv. 274872-01).

Le argomentazioni ulteriori, spese dal ricorrente a contrasto della soluzione accolta in questa sede, non hanno pregio. Nel caso di ergastolo, sostituito dalla reclusione di trent’anni in ottemperanza ai dettami di Corte Edu, GC, 17.10.2009, Scoppola c. Italia, non si è in presenza di un fenomeno estintivo della pena perpetua – che, come afferma esplicitamente Sez. 1, n. 42818 del 25.10.2016, dep. 2017, Avignone, avrebbe reso applicabile il meccanismo descritto nell’art. 184, primo comma, cod. pen. – ma della necessaria sostituzione di detta pena, inflitta a seguito di rito abbreviato, in quella di anni trenta di reclusione per le note vicende di diritto intertemporale oggetto della decisione emessa dalla Corte di Strasburgo. La fattispecie posta a raffronto è dunque radicalmente difforme positivamente regolata, e qui estesa in via analogica, posto che per applicarsi l’art. 184, primo comma, cod. pen. non deve essere più in esecuzione alcuna pena per il delitto già sanzionato con l’ergastolo, mentre nella fattispecie anzidetta la relativa pena non è estinta ma commutata in pena temporanea. Infine l’obiezione, secondo la quale, caducato l’ergastolo per effetto della revisione, non vi sarebbero più reati concorrenti, ex art. 72, secondo comma, cod. pen., cui testualmente riferire il disposto normativo di cui al successivo art. 184, risulta suggestiva e puramente nominalistica, come già ritenuto nell’ordinanza impugnata. È infatti evidente che, a giustificare l’applicazione di quel disposto, sia sufficiente la concorrenza iniziale dei reati e delle pene ivi contemplati, sciolta dalle sopravvenienze modificative sin qui analizzate.

 

Cass. pen. sez. 1, Sentenza n. 25982 del 02/03/2023 dep. 15/06/2023

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